Quando sentono la voce umana, gli animali hanno reazioni diverse che dipendono dalle esperienze passate e dalla percezione individuale del pericolo, tuttavia molti animali selvatici nella savana potrebbero essere più suscettibili alla voce umana rispetto al ruggito di un leone.
È ciò che ha dimostrato uno studio condotto da un team di ricerca internazionale guidato dagli scienziati dell'Università Occidentale di Londra all'interno del Greater Kruger National Park (GKNP) in Sudafrica, un'area di quasi 350.000 ettari dove vivono centinaia di specie animali. L'esperimento si è concentrato sull’osservazione di 19 specie tra le quali elefanti, antilopi, bufali, leopardi, facoceri, giraffe, iene, zebre e rinoceronti, e sull’analisi del loro comportamento di fuga. Gli animali sono stati esposti a diverse fonti sonore emesse con megafoni tra cui voci umane, grandi felini e predatori, ma anche cani che abbaiano o canti di uccelli; è emerso che il tasso di velocità era sensibilmente superiore ogni volta che venivano riprodotte voci umane o colpi di pistola. Infatti gli animali selvatici nella savana hanno interagito con gli esseri umani per migliaia di anni imparando a identificare la voce umana come una minaccia potenziale.
Le voci umane possono infatti essere associate alla presenza di cacciatori, veicoli o altre attività umane che possono rappresentare un pericolo, pertanto, è comune che gli animali si nascondano o si allontanino. Il fine dell'esperimento coordinato dalla dottoressa Liana Y. Zanette non era solo dimostrare il terrore che l’uomo è in grado di scatenare in natura, ma trovare soluzioni per mitigare e regolare la paura che gli uomini incutono nelle specie animali, così da amministrare meglio le aree protette e la salvaguardia delle specie a rischio.
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