Alla fiera internazionale Tuttofood di Milano, durante questi giorni, è disponibile all'acquisto l'ennesimo cibo di lusso: la carne di coccodrillo, venduta in vasetti che hanno raggiunto la modica cifra di 280 euro l'uno. Il motivo si riconduce all'azienda Savannah Delight: infatti il suo costo elevato è dipeso dal fatto che si tratta di una carne destinata a un pubblico che si fa influenzare da un marchio che spaccia come esotico e diverso da altri cibi il prodotto che ha lanciato sul mercato.
Mangiare coccodrillo in Italia è legale dalla fine del 2021, quando il ministero della Salute ha dato la conferma per la commercializzazione, a patto che derivi da allevamenti che non trasgrediscono alle indicazioni contenute nella normativa europea.
La carne importata deve appartenere alla specie Crocodylus niloticus, ovvero quella che, comunemente, viene avvistata nelle acque del Nilo. Deve essere carne rigorosamente di allevamento e, al fine di garantire la sicurezza del consumatore, è permesso l'accesso nell’Unione Europea, a patto che presentino uno specifico certificato sanitario e che provengano da Svizzera, Botswana, Vietnam, Sud Africa o Zimbabwe.
In Australia, Sud Africa e nel sud degli Stati Uniti la carne del rettile ha un grande riscontro ma in Italia ancora si sapeva poco. Almeno fino al 2015, per merito l’Expo 2015. Nel padiglione dello Zimbabwe, riscosse parecchio successo la presentazione del Crocoburger, l’hamburger di coccodrillo: in meno di dieci giorni ne fu divorata una tonnellata.
La carne di coccodrillo ha “un sapore e una consistenza unici”. Questo ciò che si legge sul sito dell’azienda specializzata in prodotti gourmet di lusso, che già propone sul mercato articoli come la bresaola di zebra affinata in foglia d’oro 24 carati.
Tuttavia, un’inchiesta sotto copertura dall’associazione animalista PetaAsia nel 2021 ha mostrato l'inferno quotidiano di coccodrilli e serpenti allevati per soddisfare i bisogni derivanti da questo mercato alimentare in evidente crescita. I rettili vengono sottoposti a torture quasi analoghe a quelle che si vedono in Europa, legate soprattutto alle atroci procedure messe in atto dai mattatoi verso i maiali e le mucche.
In particolare, per elevare questo tipo di mercato tramite il pellame, la pratica più comune per uccidere gli animali prevede lo stordimento e poi una pugnalata sulla testa con una lama che dovrebbe comportare una morte immediata. Nella maggior parte dei casi, però, la pugnalata recide il midollo spinale recando loro solo la paralisi. Un metodo atroce, la cui valutazione scientifica ha confermato che causa un dolore estremo, ma non la morte, che invece sopraggiunge dopo una lenta ora di agonia.
Alessandro Paolo Porrà