Il regolamento Ue sullo stop ai motori benzina e diesel a partire dal 2035 «non sarà riaperto» e, dopo l'intesa annunciata sabato tra la Commissione europea e Berlino sull'uso futuro degli e-fuels, dovrebbe ottenere oggi il via libera degli ambasciatori dei Ventisette. Lo ha fatto sapere un alto funzionario Ue, riferendo che - previo il via libera - il regolamento verrà poi aggiunto ai punti all'ordine del giorno della riunione dei ministri dell'Energia in programma oggi a Bruxelles. «Gli Stati membri - ha spiegato la fonte - saranno liberi di fare le proprie osservazioni e avere una discussione» sull'accordo.
L' Italia, a quanto si riferiscono le agenzie di stampa, alla riunione degli ambasciatori dei 27 in Ue chiederà più tempo per approfondire la dichiarazione sugli e-fuels che la Commissione allegherà allo stop alle auto inquinanti dal 2035. La dichiarazione, si spiega, cambia sostanzialmente le condizioni per interpretazione ed attuazione del regolamento e l' Italia ritiene che gli Stati debbano avere il tempo di riflettere. Si chiederà quindi che il regolamento sia tolto dai punti dove non è prevista discussione domani al Consiglio Affari Energia dove, sulla carta, è prevista la ratifica finale del regolamento, dopo l'intesa Ue-Germania.
In Italia il settore automotive rappresenta il 13% del Pil occupando 250mila posti di lavoro. Secondo la ricerca Uilm-Està la transizione ecologica impatterà sull'automotive mettendo «a rischio fino a 120mila lavoratori», perché se un autoveicolo tradizionale con motore endotermico è composto da 7mila componenti, uno elettrico arriva ad un massimo di 3.500/4.000, per cui si prevede che «il 40-45% degli occupati italiani, sarà impattato dal passaggio all'elettrico».
«È molto difficile, se non impossibile, sviluppare in così pochi anni soluzioni tecnologiche in grado di dimezzare le emissioni di CO2 degli autocarri», ha spiegato per esempio Acea, l'Associazione europea dei costruttori di autoveicoli, secondo cui già per raggiungere il nuovo target al 2030 sono necessari in Ue almeno 50.000 punti di ricarica pubblici per gli autocarri, di cui 35.000 ad elevate performance e almeno 700 stazioni di rifornimento di idrogeno.
«I produttori di veicoli europei stanno affrontando una sfida molto asimmetrica - aveva affermato il Ceo di Renault Luca De Meo - non siamo più in testa alla corsa tecnologica e mentre gli incentivi all'acquisto di veicoli a zero emissioni diminuiscono nell'Ue, notiamo un massiccio sostegno ai nostri concorrenti in Cina e negli Stati Uniti».
Secondo Sergio Savaresi, professore ordinario di automazione nei veicoli del Politecnico di Milano, «il passaggio alle auto elettriche mal si concilia con il nostro modello tradizionale di auto privata. In Italia - ricorda - abbiamo 40 milioni di veicoli di proprietà che sono mediamente poco usati. In questo scenario servirebbero auto elettriche con una grande autonomia e quindi batterie molto grosse, che col poco utilizzo rappresenterebbero uno spreco».
A poco potrebbe servire anche una transizione soft con l'utilizzo di e-fuel su cui potrebbe puntare l'accordo annunciato oggi secondo la Ong internazionale Transport&Environment. «L'accordo sulle auto a zero emissioni, le sole che saranno commercializzate dal 2035, deve entrare in vigore senza ulteriori ritardi. Gli e-fuels, in questa prospettiva, risultano un diversivo costoso e inefficiente rispetto alla trasformazione verso l'elettrico, un trend industriale già solido sul quale converge tutta l'industria auto motive».
«I biocarburanti e i carburanti sintetici (e-fuel) vengono proposti da molti in Italia come uno strumento per decarbonizzare il settore dell'automotive, senza distruggere la filiera dei motori endotermici. Ma la verità è che non c'è una produzione adeguata di biocarburanti ed e-fuel neppure per il settore che ne avrebbe davvero bisogno, cioè il trasporto aereo» dice il segretario di Motus-E, l'associazione delle imprese dell'auto elettrica, Francesco Naso.
Redazione sintony.it