
La storia di Alice ed Ellen Kessler, icone di eleganza e show business per oltre sessant’anni, si è conclusa come è sempre stata vissuta: all’unisono. Le due sorelle, all'età di 89 anni, hanno scelto di ricorrere al suicidio assistito, chiudendo l'ultimo capitolo della loro vita con un gesto sobrio e consapevole.
Ciò che rende straordinario l'epilogo non è solo la scelta di andarsene insieme, ma l'atto di solidarietà che ne consegue: le gemelle hanno destinato la loro intera eredità a una serie di organizzazioni umanitarie.
Non avendo figli né nipoti, Alice ed Ellen Kessler avevano affrontato la questione del loro patrimonio con la trasparenza che le ha sempre contraddistinte. Avevano espresso il desiderio che la loro uscita di scena potesse tradursi in un aiuto concreto per le persone più fragili.
In un'intervista al giornale tedesco Munchner Merkur, avevano svelato l'elenco delle organizzazioni che avrebbero ereditato il patrimonio, selezionate personalmente: Medici Senza Frontiere, la Christoffel Blind Mission, Gut Aiderbichl, l’Unicef e l’Ordine di Malta.
L'elenco riflette una sensibilità trasversale: dal sostegno ai bambini e alle cause internazionali, all'assistenza per persone con disabilità visiva o motoria (Christoffel Blind Mission), fino alla protezione degli animali (Gut Aiderbichl).
La decisione ha suscitato un profondo ringraziamento da parte delle organizzazioni coinvolte. Laura Perrotta, direttrice generale della raccolta fondi di Medici Senza Frontiere, ha espresso gratitudine: "Ringraziamo profondamente le gemelle Kessler, noi come organizzazione Medici Senza Frontiere non accettiamo fondi pubblici, il loro lascito ci permette di portare avanti i nostri progetti anche nel futuro".

Perrotta ha inoltre ricordato il rapporto autentico che le sorelle avevano instaurato con l'ente, accettando di essere il volto di una campagna di raccolta fondi testamentari già nel 2014.
L'ultima volontà delle gemelle Kessler, trasformando il loro patrimonio in risorse per chi opera in prima linea, diventa una vera e propria "coreografia finale": una danza silenziosa che continua a muoversi verso il bene, lasciando un'eredità non solo artistica, ma profondamente etica.
@Redazione Sintony News