“Ora di brioche ne tagliamo di più a metà”. Con un sorriso e una dose di ironia, Massimiliano Viotto, titolare della pasticceria Audrey Pâtisserie, torna a parlare della tempesta mediatica scoppiata attorno al sovrapprezzo di 10 centesimi per il taglio di una brioche, finito su tutti i giornali e diventato caso virale sui social.
L’episodio ha avuto origine dalla foto di uno scontrino pubblicata da una cliente, non abituale, che ha denunciato il “costo extra” per la richiesta di tagliare a metà una brioche oversize. L'immagine ha fatto il giro del web, attirando una valanga di critiche e recensioni negative, tanto che il rating della pasticceria su Google è sceso da 4,5 a 3,5 stelle.
Ma oggi, a distanza di pochi giorni, Viotto sorride e guarda al bicchiere mezzo pieno:
«Tanta pubblicità gratuita, una valanga di solidarietà dai clienti storici e un boom di richieste di brioche tagliate. Quindi grazie anche a quella cliente: ci ha fatto conoscere in tutta Italia», dichiara a Tgcom24.
Dopo la denuncia, Viotto aveva risposto con un lungo post su Facebook, in cui spiegava la logica dietro il famigerato sovrapprezzo:
«Tagliare a metà fino a 200 prodotti al giorno ha un costo. Per noi è un gesto che comporta manodopera, igiene, tempo e attenzione. Solo per coprire i costi di un collaboratore, il sovrapprezzo dovrebbe essere di 50 centesimi. Abbiamo scelto di fermarci a 10, solo per compensare le perdite».
E rincara:
«Se per quei dieci centesimi un dipendente dovesse perdere il lavoro a causa della diminuzione della clientela, giustifichereste ancora la scelta di chi ci ha attaccato?».
Una riflessione provocatoria che ha raccolto centinaia di reazioni. Ma Viotto, invece di indietreggiare, rilancia:
«Non torniamo indietro. Le nostre brioche sono artigianali, grandi, pensate per essere condivise. Ma quel taglio ha un costo. Continueremo a fare il nostro lavoro con passione, consapevolezza e trasparenza».
Nel suo post, il pasticcere ha anche offerto una spiegazione matematica:
«Se tutti chiedessero di dividere i prodotti, dovremmo assumere un collaboratore solo per quello, con uno stipendio da 1.500 euro più contributi. Un costo che graverebbe sull’azienda per almeno 100 euro al giorno. Quanto dovremmo allora aumentare il prezzo del servizio?».
Il “caso brioche” si aggiunge a una lunga serie di episodi simili, da nord a sud dell’Italia: un euro per dividere un toast a Lecce, una sfogliatella a metà a Napoli, una pizza divisa a Como. Le reazioni sono sempre le stesse: sdegno social da un lato, difesa degli esercenti dall’altro. Ma in mezzo c’è il tema reale dei costi di gestione per chi lavora nella ristorazione artigianale.
«All’inizio è stato difficile reggere l’urto dell’odio social, ma oggi siamo più forti. I nostri clienti ci hanno sostenuto e sono venuti anche solo per dirci che siamo nel giusto. Questo ci dà la forza per continuare».
E conclude con ironia:
«Il cliente che ha preso la brioche tagliata oggi era contentissimo. Gli ho detto: ‘E pensare che una volta questa cosa ci costava una stella su Google’».
@Redazione Sintony News