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5 Ottobre 2023

Sanità: conti in rosso per 15 regioni

Sanità, conti in rosso per 15 regioni: ecco cosa sta succedendo

Sono ben quindici le regioni che nel 2022 hanno registrato una sanità con conti in rosso. Sette (tutte del Sud) non raggiungono la sufficienza rispetto all'erogazione dei Livelli essenziali di assistenza (Lea), ossia quelle cure e prestazioni che il Servizio sanitario nazionale garantisce ai cittadini gratuitamente o con il pagamento di un ticket.

Secondo il rapporto della Corte dei Conti risalente al 2022, tra le Regioni solo Lombardia, Veneto, Umbria, Marche, Campania e Calabria registrano bilanci in attivo. Un quadro complesso che porta le Regioni a richiedere un maggiore finanziamento del Fondo sanitario nazionale nella prossima manovra di Bilancio.

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Il punto della situazione parla chiaro: le perdite sono incrementate negli anni passando da 800 milioni complessivi nel 2020 ad un miliardo e 470 milioni nel 2022.

Tuttavia, le situazioni peggiori sono quelle delle Province autonome di Trento e Bolzano, rispettivamente a -243 e -297 milioni, della Sicilia a -247 e del Lazio, con una perdita di oltre 216 milioni.

Tenendo conto dei Lea, invece, in fondo alla classifica ci sono quasi solo Regioni del Sud con poche eccezioni. Le Regioni adempienti per i Lea nel 2021 salgono da 11 a 14: Abruzzo, Basilicata, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Provincia Autonoma di Trento, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria, Veneto.

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Circa sette sono classificate come inadempienti e sono: Campania, Molise, Provincia Autonoma di Bolzano, Sicilia, Sardegna, Calabria e Valle D'Aosta.

Il nuovo Sistema di garanzia (Sng), si basa su un punteggio da 0 a 100, attribuito su tre cardini fondamentali: prevenzione collettiva e sanità pubblica, assistenza distrettuale e assistenza ospedaliera. In caso le regioni non raggiungessero il punteggio minimo di 60 su 100, vengono considerate come inadempienti. 

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Tra le Regioni con i conti in rosso figurano anche tutte quelle 'bocciate' sui Lea ma non per Campania e Calabria. La spiegazione la fornisce Amerigo Cicchetti, direttore dell'Alta scuola di economia e management dei Sistemi sanitari (Altems) dell'Università Cattolica:  "La Calabria ha beneficiato di alcuni provvedimenti integrativi, come il decreto Calabria, che hanno aiutato i conti".

“Per la Campania, invece, va considerato anche un altro aspetto. In vari casi, scatta paradossalmente la difficoltà a spendere risorse che sono disponibili. In altri termini, anche spendere è complicato, perché bisogna disporre di strutture e di un'organizzazione che consentano di farlo. Quando questo non succede, può accadere che i fondi rimangano fermi e non spesi, cosa che concorre ad avere un segno 'più’ ' sui conti, anche se in realtà si tratta di somme che avrebbero dovuto essere spese", conclude. 

Alessandro Paolo Porrà