Si chiamava Dispay ed era usata in editoria, coi primi programmi di impaginazione digitale, poi nel 1987 ha cambiato nome in Photoshop, diventando craccatissimo e popolarissimo. E se prima appunto era un’esclusiva per impaginatori e fotografi digital, ora Photoshop stato copiato, rielaborato, reso smart per i cellulari e addirittura è stato coniato un aggettivo per definire l’uso del fotoritocco. Chi infatti non ha mai sentito dire per una immagine o un selfie “l’hai fotoscioppata”, o se preferite “photoshoppata”.
Di programmi di fotoritocco ormai se ne trovano a centinaia sul web e tutti ben pubblicizzati in versione gratuita e pro. Perché? Perché oltre il 49% dei giovanissimi ama pubblicare le proprie foto dopo averle “corrette” di luce, colore e aver tolto magari qualche neo o brufolo di troppo.
E’ quanto emerge da uno studio del progetto SatisFACE dell'Università Vita-Salute San Raffaele e del Cussb (Centro universitario di statistica per le scienze biomediche), che mira a esplorare il tema dell'immagine digitale con una ricerca incentrata sul viso. Quasi la metà dei ragazzi intervistati, il 49,2%, dichiara di editare le foto che pubblica sui social. Lo è stato condotto su 120 ragazzi dai 12 ai 16 anni che usano i social più diffusi WhatsApp (92.5%), Tiktok (88.3%), Instagram (76.7%) e YouTube (75%). Il 65.9% dice di trascorrervi fino a 4 ore (il 37.5%, da 2 a 4 ore).
Più tempo sui social - dicono gli esperti – infatti significa una maggiore ansia da aspetto fisico che si traduce in una voglia di apparire perfetti. Come, Con la manipolazione delle foto: solo il 25.4% è soddisfatto al primo scatto, il 36.8% dichiara di eliminare 2-5 selfie tra quelli scattati. La manipolazione riguarda principalmente l'alterazione di caratteristiche fisiche e l'uso di filtri interattivi divertenti.
Gli studenti intervistati, poi, esprimono preoccupazioni per un utilizzo non appropriato delle foto condivise nei social, che possono essere "manomesse o ritoccate" o utilizzate con finalità diverse da quelle di partenza (web-related anxiety) e sono consapevoli dei rischi della condivisione. Con riferimento al "digital-self" gli esperti notano che "depressione e ansia da aspetto sono maggiori tanto più bassa è la percezione della propria immagine corporea e tanto più alta è la manipolazione fotografica e il controllo sull'immagine corporea".
"Abbiamo rilevato un notevole interesse degli studenti e dei docenti su un tema così complesso come quello dell'uso delle tecnologie digitali e il rapporto con la propria immagine”, spiega la coordinatrice del progetto Chiara Brombin. “Interesse percepibile anche nei genitori, forse i più in difficoltà nel seguire le conseguenze della rapida evoluzione dei meccanismi psicologici generati dall'uso del digitale sui propri figli. Il progetto – prosegue la coordinatrice della ricerca - ha una finalità scientifica con immediate ricadute pratiche: promuovere il benessere digitale negli adolescenti e sensibilizzarli rispetto ai potenziali rischi della manipolazione e mistificazione del sé digitale".
Redazione sintony.it