
L’intricato caso dell'omicidio di Chiara Poggi a Garlasco continua ad evolversi su due fronti: le indagini per corruzione in atti giudiziari a Brescia e gli accertamenti scientifici sul DNA a Roma.
Proseguono le indagini della Procura di Brescia che ipotizza che l'ex PM Mario Venditti abbia accettato denaro dalla famiglia di Andrea Sempio per ottenere l'archiviazione delle indagini che lo riguardavano nel 2017 (allora, come oggi, Sempio era indagato per concorso in omicidio con Alberto Stasi).

Ieri, 20 novembre, i carabinieri hanno eseguito un'ulteriore perquisizione in un appartamento di proprietà di Silvio Sapone, ex luogotenente dell'Arma e per anni a capo della polizia giudiziaria della Procura di Pavia. Sebbene Sapone non risulti tra gli indagati, gli investigatori hanno controllato una cassaforte all'interno dell'abitazione, che era affittata ad altre persone. Le ragioni specifiche della perquisizione non sono note, ma rientrano nell'ambito dell'inchiesta sulla corruzione.
Nel frattempo, a Roma, il team difensivo di Andrea Sempio si è riunito presso il Laboratorio Genomica per mettere a punto la strategia in vista dell'udienza cruciale del 18 dicembre. In tale data, i periti super partes illustreranno al GIP i risultati dell'incidente probatorio, chiarendo se il DNA di Sempio è presente o meno sulle unghie di Chiara Poggi.

Andrea Sempio ha partecipato all'incontro, dichiarando al termine: "Mi sento più tranquillo dopo questi lavori".
L'avvocato Liborio Cataliotti ha precisato il fulcro del lavoro difensivo: "Abbiamo analizzato i report genetici e le immagini della scena del crimine fatte subito dopo l'omicidio... Grazie al contributo di Andrea Sempio abbiamo identificato i luoghi in cui può esserci stato un contatto comune tra Sempio e Chiara".
La difesa sostiene che l'eventuale traccia di DNA di Sempio non proverebbe un contatto diretto, ma sarebbe il risultato di una contaminazione. Questa ipotesi è basata sul principio secondo cui il DNA può essere trasferito tramite il contatto con un oggetto comune toccato da entrambi. Tale tesi era già stata avanzata nella perizia super partes del 2014, affidata al dottore Francesco De Stefano durante il processo in Appello bis ad Alberto Stasi.
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