Il mondo del cinema piange Robert Redford, icona del grande schermo e pioniere del cinema indipendente, scomparso martedì mattina all’età di 89 anni nella sua casa tra le montagne dello Utah. La notizia è stata confermata da Cindi Berger, CEO dell’agenzia di pubbliche relazioni Rogers & Cowan PMK, che ha dichiarato che Redford è morto nel sonno, senza specificare la causa del decesso.
Attore di straordinario fascino, regista di talento e attivista instancabile, Redford ha attraversato oltre sei decenni di storia cinematografica lasciando un’impronta indelebile, sia davanti che dietro la macchina da presa.
Dopo aver mosso i primi passi a teatro e in televisione negli anni ’60, Redford esplose come star mondiale con film come Butch Cassidy (1969), La stangata (1973), Tutti gli uomini del presidente (1976) e La mia Africa (1985), conquistando il pubblico con il suo carisma naturale e uno sguardo che divenne leggenda.
Nel 1980 passò alla regia, vincendo subito l’Oscar per Gente comune (Ordinary People), un dramma familiare intenso e sofisticato. Seguì una serie di opere che esploravano l’identità americana, la memoria, la politica e l’ambiente, tra cui In mezzo scorre il fiume (1992) e Leoni per agnelli (2007).
Redford fu anche protagonista di film profondi e personali come All Is Lost (2013), dove da solo in mare affrontava il senso della fine, o A Walk in the Woods (2015), testimonianza del suo legame con la natura.
Oltre alla carriera artistica, Redford ha avuto un impatto epocale sul cinema indipendente americano, grazie alla creazione del Sundance Institute e del Sundance Film Festival, nato negli anni ’80 proprio nello Utah, diventato oggi uno dei principali punti di riferimento mondiali per il cinema d’autore.
“Non volevo un festival glamour – diceva spesso – ma un luogo dove i giovani autori potessero raccontare storie autentiche, senza compromessi”. Molti grandi registi di oggi, da Quentin Tarantino a Paul Thomas Anderson, sono passati da lì.
Lontano dai riflettori, Redford ha combattuto battaglie fondamentali per la salvaguardia dell’ambiente, sostenendo la conservazione delle terre pubbliche americane e schierandosi spesso contro gli interessi delle lobby energetiche.
Fu anche una voce critica contro il potere politico, come dimostra il suo impegno in film come Tutti gli uomini del presidente o Truth – Il prezzo della verità, sempre fedele alla convinzione che il cinema debba far pensare, oltre che intrattenere.
Robert Redford non era solo una star di Hollywood, ma un artista integrale, un intellettuale, un uomo che ha saputo mettere la sua fama al servizio di ideali alti: libertà espressiva, coscienza civile, rispetto per la natura.
Nel 2002 ricevette l’Oscar alla carriera. “Il cinema – disse in quell’occasione – è stato la mia casa, ma è al pubblico che devo tutto. Senza di voi, sarei rimasto solo un sognatore tra le montagne”.
La notizia della sua morte ha scosso colleghi, registi, attori e ammiratori in tutto il mondo. Messaggi di cordoglio stanno arrivando da ogni parte del globo. Il Sundance Institute ha annunciato che l’edizione 2026 del festival sarà interamente dedicata alla sua memoria.
Robert Redford lascia quattro figli.
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