A trent’anni dalla morte di Manuela Murgia, la ragazza cagliaritana trovata senza vita il 4 febbraio 1995 ai piedi del canyon di Tuvixeddu, emergono nuovi elementi che potrebbero ribaltare definitivamente la tesi del suicidio. Secondo le ultime analisi, sugli indumenti della giovane – giubbotto, pantaloni e biancheria intima – sarebbero state individuate tracce genetiche maschili, una quarantina in tutto, molte delle quali rinvenute proprio su reggiseno e slip.
La scoperta è arrivata dagli accertamenti affidati a super esperti nominati dalle parti. Per la difesa di Enrico Astero, ex fidanzato della vittima oggi 54enne e in carcere con l’accusa di omicidio volontario, ha operato l’ex generale del Ris di Parma Luciano Garofano. Per la famiglia di Manuela, costituitasi parte civile con gli avvocati Bachisio Mele, Giulia Lai e Maria Filomena Marras, ha lavorato il genetista Emiliano Giardina. Dalle analisi, che hanno incluso l’estrazione del Dna e la comparazione con i profili raccolti dalla polizia scientifica, potrebbero ora emergere novità decisive.
Nel 1995 la morte di Manuela fu archiviata come suicidio: secondo il referto autoptico redatto dai medici legali Francesco Paribello e Giuseppe Santa Cruz, la giovane si sarebbe gettata volontariamente dal canyon, precipitando per 35 metri. I familiari non hanno mai creduto a questa versione e hanno chiesto più volte la riapertura del caso.
Una prima riapertura avvenne una decina di anni fa, senza risultati concreti. La vera svolta è arrivata a gennaio scorso, quando gli avvocati della famiglia hanno presentato al pm Guido Pani una consulenza medico-legale del professor Roberto Demontis dell’Università di Cagliari. La sua perizia ha ribaltato la ricostruzione del 1995, indicando come più plausibile l’ipotesi di un omicidio.
Da allora la Procura di Cagliari ha disposto la riapertura del fascicolo, affidando le indagini alla Squadra mobile diretta dal primo dirigente Davide Carboni. Gli investigatori hanno recuperato gli indumenti della vittima, custoditi da trent’anni nell’ex istituto di medicina legale di via Porcell, sottoponendoli a nuovi accertamenti biologici nell’ambito di un incidente probatorio deciso dal gip Giorgio Altieri.
Gli esperti avevano 80 giorni di tempo, dall’8 luglio scorso, per consegnare i risultati: le analisi si sarebbero concluse proprio in questi giorni, confermando la presenza di tracce maschili sugli abiti di Manuela.
Sui dettagli del materiale genetico rinvenuto vige ancora il massimo riserbo, ma la possibilità che si tratti di un indizio decisivo per inchiodare il responsabile sembra ora concreta. La verità sulla morte di Manuela Murgia, a trent’anni di distanza, potrebbe essere più vicina.
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