È ancora solo un annuncio, ma già pesa come un macigno. I dazi al 30% imposti dagli Stati Uniti sulle merci europee a partire da agosto rischiano di abbattersi con particolare violenza sulla Sardegna, mettendo in crisi interi comparti dell’economia isolana. Secondo una prima stima, le perdite per le imprese sarde potrebbero sfiorare il mezzo miliardo di euro all’anno, tra export mancato, rincari e contraccolpi indiretti.
A finire nel mirino, soprattutto il settore energetico e l’agroalimentare, due pilastri del commercio internazionale sardo. Le raffinerie dell’Isola, che da anni considerano gli USA un mercato strategico, vedranno improvvisamente crollare la competitività. Ma a soffrire saranno anche vino, formaggi e oli extravergini, che negli ultimi anni hanno trovato proprio oltreoceano uno dei mercati più recettivi e redditizi.
«È una brutta mazzata, quasi assurda, che farà tanto male al comparto vitivinicolo sardo», commenta Mariano Murru, presidente regionale di Assoenologi, visibilmente preoccupato. «Già da aprile sopportiamo a fatica dazi del 10%. Ora che il 30% è realtà, sarà quasi impossibile lavorare con l’America».
Murru sottolinea come la situazione si inserisca in un momento già difficile per il settore: «Stiamo vivendo un calo dei consumi legato a un salutismo eccessivo che demonizza le bevande alcoliche. Non possiamo permetterci ulteriori crisi. Il mercato americano è fondamentale, e insostituibile nel breve periodo».
Anche Pasquale Manca, a capo della maggiore azienda olearia dell’Isola ad Alghero, teme il peggio. Il suo olio extravergine, apprezzatissimo negli Stati Uniti, rischia di uscire dal mercato americano: «Se i dazi dovessero rimanere a questi livelli, sarebbe insostenibile. La speranza – dice – è che sia una tattica americana per spaventare i partner e ottenere condizioni più favorevoli».
Manca invoca però una reazione decisa da parte dell’Unione Europea: «Serve una risposta forte, altrimenti le conseguenze saranno devastanti».
Dopo l’annuncio di Donald Trump, le reazioni si sono susseguite, tra sconcerto e strategia. «È il momento di restare lucidi e non farsi travolgere dal panico», avverte Alessandro Vacca, direttore regionale della Cia Agricoltori Italiani. «Ma non bisogna nemmeno restare immobili: dazi al 30% sono irricevibili».
Vacca ricorda come la Cia stia monitorando il problema da mesi, e che già ad aprile aveva chiesto misure preventive: «Abbiamo fornito dati e analisi sugli impatti possibili per la Sardegna. Oggi ne stiamo vedendo i primi effetti».
L’invito è chiaro: «Le istituzioni regionali devono aprire un confronto urgente, per capire quali contromisure adottare e come difendere agricoltori e allevatori, i più vulnerabili in questa tempesta commerciale».
Ma i dazi potrebbero colpire anche oltre il perimetro dell’export. Secondo Confesercenti, le conseguenze potrebbero estendersi anche al turismo e ai consumi interni. «Pur colpendo principalmente le esportazioni – spiegano – il rallentamento della crescita globale e le possibili ripercussioni sull’occupazione italiana rischiano di riflettersi negativamente sul mercato interno».
Una prospettiva che, se non scongiurata, potrebbe trasformare la crisi commerciale in un problema strutturale per l’economia isolana e nazionale.
Nel frattempo, in Sardegna si osserva con preoccupazione ogni mossa di Washington e Bruxelles. Nella speranza che quella annunciata sia solo una strategia negoziale e non l’inizio di una guerra commerciale vera e propria, che rischia di travolgere imprese, territori e famiglie.
Intanto, gli imprenditori isolani preparano i piani B. Ma in tanti, soprattutto tra i piccoli produttori, sanno già che senza America, molte aziende non reggeranno a lungo.
@Redazione Sintony News