Una cena privata alla Casa Bianca tra il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex presidente statunitense Donald Trump si è trasformata in un evento carico di dichiarazioni politiche e simboliche. Durante l’incontro, Netanyahu ha annunciato di aver candidato Trump al Premio Nobel per la Pace, consegnando personalmente al presidente USA una lettera inviata al comitato del Nobel.
"Sta forgiando la pace mentre parliamo, in un Paese, in una regione dopo l’altra", ha dichiarato Netanyahu, lodando gli sforzi diplomatici dell’ex presidente americano, già autore degli Accordi di Abramo, che nel 2020 normalizzarono le relazioni tra Israele e diversi Paesi arabi.
Trump, dal canto suo, ha rilanciato l’autocandidatura con il consueto stile provocatorio: “Ho fermato cinque Paesi dal farsi la guerra”, ha dichiarato, citando gli accordi mediati sotto la sua amministrazione tra Congo e Ruanda, e tra India e Pakistan. “E invece il premio lo vincerà un professore sconosciuto”, ha aggiunto con tono sarcastico.
Ma oltre alle celebrazioni reciproche, la cena ha toccato anche temi caldi del conflitto mediorientale, in particolare la situazione a Gaza e il futuro dei palestinesi sfollati.
Netanyahu ha spiegato che Israele, in collaborazione con gli Stati Uniti, sta lavorando a un piano di ricollocazione volontaria per i palestinesi: “Ci sono persone che vogliono rimanere o possono rimanere, ma se vogliono andarsene, dovrebbero poterlo fare. Non dovrebbe essere una prigione, ma un luogo aperto. Diamo loro la libertà di scelta”.
Secondo il premier israeliano, si stanno cercando Paesi disposti ad accogliere gli sfollati, con il coinvolgimento di “molti Paesi limitrofi”, che si sarebbero mostrati collaborativi. Tuttavia, non sono stati forniti dettagli su quali siano questi Stati né sulle modalità concrete del piano.
Netanyahu ha infine ribadito una posizione che promette di alimentare nuove tensioni diplomatiche: “Gaza resterà nelle mani di Israele”. Pur concedendo ai palestinesi il diritto all'autogoverno, il primo ministro ha chiarito che la sicurezza e il potere decisionale resteranno sotto controllo israeliano: “I palestinesi devono avere tutti i poteri per autogovernarsi, ma nessuno di questi poteri dovrebbe minacciarci. Nessuno in Israele accetterà qualcosa di diverso”.
La mossa di Netanyahu arriva in un momento strategico, mentre Trump si prepara alla corsa presidenziale del 2024 e Israele cerca nuovi equilibri nella gestione del conflitto israelo-palestinese. La candidatura al Nobel appare così più come una dichiarazione politica che una proposta istituzionale, ma riesce comunque a riportare sotto i riflettori internazionali l’asse Tel Aviv–Washington.
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