Un marchio storico come Crik Crok, sinonimo di snack per generazioni di italiani, è oggi al centro di una crisi profonda. Lo stabilimento di Pomezia, attivo da decenni lungo la via Pontina, è ormai quasi del tutto fermo: la produzione è ridotta ai minimi storici, molte linee sono inattive e i circa 100 dipendenti non percepiscono stipendi regolari da mesi. Le famiglie, denunciano i sindacati, sono allo stremo.
A completare il quadro, la cassa integrazione straordinaria non ancora erogata e l’aggravante della presentazione di un nuovo concordato preventivo, che getta ulteriori ombre sul futuro di uno degli impianti simbolo dell’industria alimentare laziale.
Forte la denuncia dei sindacati Fai, Flai e Uila, che parlano apertamente di “condizione di profonda precarietà economica e umana” per lavoratori e lavoratrici. "In assenza di reddito, molte famiglie sono ormai allo stremo. E l’incertezza aumenta con la richiesta di un nuovo concordato che potrebbe segnare il definitivo tramonto di un presidio industriale strategico per l’intero territorio".
Il timore, condiviso dai rappresentanti sindacali, è che non si stia parlando più solo di tagli o ristrutturazioni, ma della possibile chiusura di un sito produttivo che negli anni ha avuto un forte valore sociale e occupazionale per il comprensorio di Pomezia.
Sulla vicenda è intervenuta anche la consigliera regionale del Partito Democratico Emanuela Droghei, che ha lanciato un appello alle istituzioni: “La crisi che sta investendo lo stabilimento Crik Crok rischia di diventare una ferita al nostro tessuto produttivo e una minaccia concreta per decine di lavoratori e famiglie. Non possiamo rimanere fermi: è necessario un intervento urgente da parte della Regione Lazio e del Ministero delle Imprese per aprire subito un tavolo di crisi”.
Un paradosso se si considera che meno di un anno fa, a dicembre, l’azienda aveva presentato un piano industriale, alla presenza del ministro dell’Agricoltura, che lasciava presagire un rilancio produttivo.
Fondata settant’anni fa, Crik Crok è una delle aziende simbolo nel panorama degli snack italiani. Dalla linea di patatine classiche alla celebre gamma Puff, le palline di mais al formaggio lanciate nel 1991, il marchio ha segnato l’immaginario di milioni di consumatori.
Oggi però il rischio è che si spenga un pezzo di storia industriale italiana. Mentre lo stabilimento di Pomezia si svuota e i lavoratori attendono risposte, cresce la pressione perché il caso venga preso in carico con rapidità e serietà dalle istituzioni competenti.
La richiesta dei sindacati e dei rappresentanti politici è chiara: evitare che l’ennesima eccellenza italiana venga inghiottita dalla crisi, nell’indifferenza generale.
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