Alcuni lampi nel cielo, conosciuti con il nome di luci telluriche o EQL (dall’inglese earthquake lights), sembra abbiano preceduto il fortissimo terremoto che venerdì 8 settembre 2023 ha preso di mira la regione di Marrakech, in Marocco, causando danni diffusi e migliaia di vittime. Il sisma, di magnitudo 6,8, producendo uno spostamento non indifferente del terreno di circa 18 centimetri lungo la linea di vista del satellite europeo Sentinel-1, avrebbe dato origine a una serie di lampi luminosi, come si evince da alcuni video diffusi sui social.
Le luci telluriche non sono una novità, nonostante non si sappia con certezza la causa di questi bagliori. Inoltre, le notizie di questi eventi sono state recentemente riportate anche in Messico, durante il violento sisma del settembre 2021, e in Turchia, durante il terremoto del febbraio 2023, ma ci sono testimonianze risalenti all'antichità.
Secondo la descrizione dell'Istituto Geologico degli Stati Uniti, le luci telluriche comprendono diversi fenomeni luminosi: infatti, in prossimità di aree colpite da forti eventi sismici, si vanno a generare lampi alti nel cielo oppure alcuni bagliori più bassi sull'orizzonte. Tali eventi assumono anche delle diverse colorazioni, tanto da arrivare ad essere accostati a un'aurora boreale. Rispetto all’epicentro del sisma, la distanza a cui le luci vengono osservate è variabile e può superare anche i 100 km.
Secondo uno studio sulle luci telluriche, condotto dal geofisico Fredemann Freund del SETI Institute della California e pubblicato sulla rivista Seismological Research Letters, si ritiene che il fenomeno possa essere relativo allo sfregamento di due placche tettoniche, che dovrebbero generare un'elettricità statica tale da produrre una scarica elettrica. Lo studio si basa sull'analisi di 65 segnalazioni di potenziali luci a partire dal 1600.
In un articolo del 2014 pubblicato su The Conversation, Freund spiega: “È come accendere una batteria, generando cariche elettriche che possono fluire dalle rocce stressate dentro e attraverso le rocce non stressate. Le cariche viaggiano velocemente, fino a circa 200 metri al secondo”.
Alessandro Paolo Porrà