La chiamano “subscription economy”, l’economia degli abbonamenti. Abbonamenti di pochi euro che sommati pesano abbastanza sulle spalle di una famiglia. La Repubblica, ipotizzando un nucleo familiare con due figli, sommando diversi servizi ormai percepiti come essenziali, o comunque troppo comodi per rinunciarci, e prendendo in considerazione le utenze essenziali, ha calcolato che la somma mensile è di oltre 725 euro al mese, vale a dire 8700 euro l’anno. La famiglia ipotizzata fa un largo uso degli abbonamenti, ma non ha né prestiti né mutui in corso, con uno dei quali il rischio di sovraindebitamento sarebbe molto alto.
960 euro l’anno. Questa è la somma che esce sommando il canone mensile per guardare le serie Tv su Netflix, le partite di calcio su Dazn, cartoni e altri film su Disney+, le consegne rapide e la tv di Amazon Prime, la musica e i podcast su Spotify, gli audiolibri su Audible e uno spazio di archiviazione per le nostre foto su Google. Messi in fila sembrano tanti, troppi: ma la realtà è che le esigenze di una famiglia nel 2023 sono, sempre più spesso, queste. E tra i vari piani tariffari sono stati presi in considerazione profili a costo medio-basso: soprattutto Netflix e Dazn infatti propongono anche tariffe più alte in base al numero di dispositivi utilizzabili o alla qualità video.
Naturalmente la subscription economy è molto più ampia: nel calcolo non sono stati considerati, anche se molto popolari, gli abbonamenti ai siti di incontri, le app per il fitness o il benessere, o i pacchetti mensili per i videogiochi online.
Ma in una famiglia media italiana non possono mancare l’automobile e i telefoni cellulari. E anche per questi beni è sempre più frequente l’acquisto a rate mensili: un Samsung A54, smartphone di fascia media, costa 25 euro al mese; per il noleggio a lungo termine di una Fiat 500 X siamo a 324 euro, sempre mensili. Quella per l’auto è l’unica “macrospesa” di questa simulazione, ma sono in molti a considerarla irrinunciabile: “Soprattutto per le auto, il fatto di non essere mai i proprietari del bene fa comodo - spiega Lucio Lamberti, docente di Marketing alla School of Management del Politecnico di Milano - perché manutenzione e riparazione sono quasi sempre a carico della società che ce la noleggia, liberandoci da incombenze, costi e il rischio di rimanere senza il bene per più settimane”.
L’economia dell’abbonamento sta vivendo un boom che non pare destinato a fermarsi presto: le aziende dei settori più disparati si stanno buttando su questo business miliardario, passando alla logica del servizio con canone mensile. Un esempio è la lavatrice in comodato d’uso di Haier, la macchina del caffè e le capsule Nespresso o Lavazza. I motivi, spiega ancora Lamberti: “Fino a pochi anni fa le aziende spendevano una marea di soldi in ricerche di mercato per tracciare un identikit di chi acquistava i loro prodotti. Trasformando i clienti in abbonati, ecco che possono conoscere nome, cognome, indirizzo, gusti e propensione alla spesa di ognuno di loro”. Fidelizzandoli e vendendo loro altri prodotti, altri servizi.
Non fanno parte di questo business, ma occupano comunque una parte importante del bilancio familiare: gas, luce e linea Internet sono irrinunciabili e, a parte il gas, necessari a far funzionare tutti i servizi di cui abbiamo parlato. Dividendo la spesa annua di gas e luce per dodici, insieme al canone mensile telefonico si raggiungono i 222 euro al mese.
Se si è disposti ad abbonarsi e a fornire tutti questi dati, è perché come consumatori emergono due vantaggi. “Entrambe sono più percezioni, non necessariamente legate a qualcosa di reale. La prima: in pochi sborserebbero 1200 euro sull’unghia per un telefono, ma sono disposti a comprare lo stesso prodotto per 100 euro al mese per 15 mesi, pagandolo anche di più” continua il docente del Politecnico: “Non dover versare tutto il capitale in anticipo è percepito come un modo per accedere a un bene o un servizio che, altrimenti, faremmo fatica a possedere”. La seconda percezione è legata, in un certo senso, alla tranquillità: “Sono i cosiddetti servizi peace of mind: li paghiamo mensilmente perché ci risolvono un problema potenzialmente molto fastidioso, ad esempio i sistemi di allarme in abbonamento, oppure perché svolgono per noi un compito noioso, come tutti quei servizi che ci riforniscono periodicamente di qualcosa”.
Nei mesi scorsi Movimento consumatori (Mc) ha concluso una campagna sul sovraindebitamento, parlando con oltre 2500 persone che, in tutta Italia, non ce la fanno più a onorare le rate mensili a banche e finanziarie. Gli abbonamenti elencati in questo articolo si possono quasi sempre interrompere in qualsiasi momento, ma rimane il problema di monitorarli: “Spesso dimentichiamo che, seppure comportino spese mensili irrisorie, parliamo di veri e propri contratti di fornitura che si ripetono ogni mese e quasi sempre prevedono un rinnovo automatico” spiega Alessandro Mostaccio, segretario generale di Mc, che continua: “Queste spese si accumulano silenziosamente, quindi al contrario dei mutui o dei prestiti, non ci accorgiamo neanche di compromettere il budget familiare, non suona mai un campanello d’allarme. Servono campagne mirate di educazione finanziaria, bisogna che si inizi a parlare dei rischi della subscription economy, che certo offre servizi piacevoli e spesso molto utili, a patto di saperli gestire. In Italia siamo indietro di anni sulla consapevolezza finanziaria e a livello istituzionale, a parte aver dedicato il mese di ottobre a questo tema, si è fatto poco o nulla”.
Marta Rachele Pusceddu