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31 Gennaio 2023

Rivoluzione nella biologia dell'affetto: l'ossitocina non è l'ormone dell'amore

L'ossitocina non è più l'ormone dell'amore: a rivelarlo è uno studio condotto dall'Università della California, ecco i risultati

Identificata da più di 30 anni come l’ormone dell’amore, l’ossitocina in realtà non sarebbe indispensabile per una relazione di coppia stabile e per la cura della prole. 

A rivelarlo, uno studio condotto sulle arvicole della prateria, piccoli roditori conosciuti per il loro comportamento monogamo e, volutamente privati dei recettori per l'ossitocina dai ricercatori di Stanford e dell'Università della California a San Francisco. I risultati, resi pubblici dalla rivista Neuron, potrebbero riscrivere una pagina importante dei libri di biologia e medicina, con risvolti per il parto, l'allattamento e le terapie per migliorare la socialità nelle persone con autismo e schizofrenia.

La spiegazione di Devanad Manoli, psichiatra dell'Università della California"Questo studio ci dice che l'ossitocina è probabilmente solo una parte di un programma genetico più complesso". 

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In sostanza è emerso che"Sono comportamenti troppo importanti per la sopravvivenza per dipendere su un singolo elemento che può anche fallire. Ci sono probabilmente altri meccanismi o circuiti genetici che permettono questi comportamenti. Il meccanismo mediato dal recettore dell'ossitocina potrebbe essere una parte di quel programma, ma non la colonna portante". 

Inizia a crollare, di conseguenza, il mito dell'ormone dell'amore nato negli anni 90, quando alcuni studi avevano dimostrato che le arvicole non erano in grado di formare legami di coppia se veniva bloccato il legame tra l'ossitocina e il suo recettore.

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L'idea che questo ormone fosse indispensabile per l'attaccamento è andata avanti col tempo, ma oggi inizia a perdere la sua autorità sotto i colpi di questo nuovo studio americano, il quale ha usato la tecnica di ingegneria genetica Crispr per ottenere dei roditori del tutto privi di recettori per l'ossitocina. Con grande sorpresa, i ricercatori hanno scoperto che questi animali, geneticamente modificati, formano legami di coppia analoghi a quelli normali. Cosa ancor più inattesa, buona parte delle femmine mutanti è riuscita a partorire, allattare e svezzare i cuccioli con ottimi risultati, dimostrando che l'ossitocina gioca un ruolo meno cruciale rispetto all'ideologia di partenza. 

@Alessandro Paolo Porrà