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Internet e tecnologia
13 Giugno 2020

Tra reale e virtuale, il riconoscimento facciale è un’arma a doppio taglio

I grandi produttori si mobilitano in tutela della privacy

 

Viviamo in una realtà a cavallo tra il reale e il virtuale. Continuamente monitorati e rintracciabili, conduciamo la nostra esistenza in una doppia realtà al confine tra vita vera e l’universo distopico dei social e dell’online. E il riconoscimento facciale è l’emblema di questa dicotomia: un filo che lega indissolubilmente la nostra quotidianità al mondo della rete. Un programma che, costantemente, viola le norme sulla privacy, rivelandosi un’arma a doppio taglio per chi ne fa uso.

Così in questi giorni il riconoscimento facciale e il suo utilizzo tornano a far discutere.

Tramite la banale ricerca su Google Immagini o su applicazioni ad hoc come Pimeyes (occhio magnetico), per la prima volta, viene reso massiccio l’utilizzo del riconoscimento facciale. Pimeyes è un motore di ricerca che si propone, partendo da una foto caricata, di tracciare chi la sta usando, su quali siti o socialnetwork è pubblicata e in quali contesti. Fin qui tutto bene, tanto da sembrare una tutela per l’immagine e per la privacy. Se non fosse che Pimeyes non verifichi l’identità dell’utente che carica la foto oggetto della ricerca, facendo sì che chiunque e con estrema facilità possa scoprire i dati personali e informazioni sensibili del soggetto ritratto.

La tecnologia di Pimeyes, insieme a quella di altre società, sembrerebbe essere già usata dalle forze dell’ordine svedesi e si presta agevolmente alla caccia sul web. Un gioco dunque che facilita il controllo totale della vita virtuale e, inevitabilmente, della stessa vita reale. Applicazioni che, come confermato dall’ultima decisione di Amazon, costituiscono un grave rischio per la tutela della privacy e per la libertà individuale.

Di fatto, ieri è arrivata la decisione del colosso dell’online Amazon che, per almeno un anno, ha vietato l’utilizzo della sua tecnologia Rekognition al governo degli Stati Uniti. La società non dà una spiegazione concreta della sua scelta, limitandosi a citare la necessità di una regolamentazione federale: "Stiamo spingendo per normative governative piùrigorose sull'uso etico delle tecnologie di riconoscimento facciale e il Congresso sembra pronto a raccogliere la sfida. Speriamo che questa moratoria di un anno possa dare al Congresso tempo sufficiente per attuare le regole appropriate e siamo pronti a fornire aiuto se richiesto".

La decisione di Amazon segue l’uscita dal mercato del riconoscimento facciale da parte di IBM che ha invitato il Congresso ad attuare riforme per far avanzare la giustizia razziale e combattere il razzismo sistemico.

Così dopo la denuncia da parte di attivisti e gruppi per i diritti umani, nel vivo delle proteste del movimento Black Lives Matter, il colosso dell’eCommerce vieta la propria tecnologia Rekognition alle forze dell’ordine americane, per evitare il riconoscimento e il conseguente monitoraggio dei partecipanti alle manifestazioni globali scoppiate dopo la morte di George Floyd.

Dove non arriva il Congresso americano, arriva Amazon che, per un utilizzo sano e controllato della tecnologia, ha fatto sapere che continuerà a consentire l’utilizzo di Rekognition per monitorare il lavoro a favore delle vittime della tratta di esseri umani e per ritrovare bambini scomparsi, permettendo così al mondo virtuale di tutelare e salvare la vita vera.

@Grazia Enerina Pisano