
Il conto alla rovescia è terminato. Dal 1° gennaio 2026, la Bulgaria entra ufficialmente a far parte dell'Eurozona, diventando il ventunesimo Paese ad adottare la moneta unica. A diciannove anni dall'ingresso nell'Unione Europea (2007), Sofia saluta definitivamente il lev per legarsi indissolubilmente al destino economico di Francoforte e Bruxelles. Un passo che, tuttavia, avviene in un clima di profonda incertezza sociale e turbolenza politica.
Nonostante il traguardo storico, l'entusiasmo tra i cittadini è tutt'altro che unanime. Secondo gli ultimi sondaggi di Eurobarometro, il 49% dei bulgari è contrario all'adozione dell'euro. Le ragioni affondano le radici nel passato e nel portafoglio: Il ricordo dell'iperinflazione degli anni '90 è ancora vivo.

Con uno stipendio medio che supera di poco i 1.200 euro, l'aumento dei prezzi dei generi alimentari (+5% lo scorso novembre) spaventa le famiglie.
Molti temono che la dipendenza totale dalla BCE possa togliere flessibilità a un'economia già fragile.
Per arginare i timori di speculazioni, il Parlamento ha varato speciali organi di controllo incaricati di monitorare i listini ed evitare arrotondamenti ingiustificati durante il cambio valuta.
Di parere opposto è la Presidente della BCE, Christine Lagarde, che vede nell'euro uno scudo protettivo per Sofia. Secondo le stime di Francoforte, il passaggio alla moneta unica porterà: circa 500 milioni di euro l'anno risparmiati dalle imprese in commissioni di cambio.
Il settore del turismo, che vale l'8% del Pil nazionale, beneficerà di flussi più fluidi e costi di transazione azzerati per i viaggiatori europei.
Lagarde stima che l'impatto sui prezzi al consumo sarà modesto, oscillando tra lo 0,2% e lo 0,4%, con effetti di breve durata.
L'adozione dell'euro non è solo una manovra economica, ma un segnale geopolitico chiarissimo: la Bulgaria sceglie definitivamente l'Occidente, allontanandosi dall'orbita di Mosca.
Tuttavia, proprio questa scelta ha rinfocolato le proteste delle forze di estrema destra filorussa, pronte a cavalcare ogni eventuale difficoltà tecnica o economica della prima fase di transizione. In un Paese che si trova sull'orlo dell'ottava elezione in cinque anni, la stabilità politica resta il vero punto interrogativo.

«La sfida — riflette l’economista Angelov — sarà avere un governo stabile per almeno uno o due anni, così da cogliere appieno i benefici dell’adesione».
I primi mesi del 2026 saranno cruciali. I bulgari dovranno abituarsi a nuovi prezzi e nuove monete in un contesto di monitoraggio serrato. Se l'esperienza della Croazia nel 2023 ha mostrato che l'integrazione è possibile, la sfida della Bulgaria è più complessa a causa del suo status di "Paese più povero dell'Unione".
@Redazione Sintony News