
Il cinema e il mondo animalista piange Brigitte Bardot, morta a 91 anni. Ma la verità è che quella porta lei l’aveva già chiusa da oltre mezzo secolo. Cinquantadue anni prima aveva salutato per sempre i riflettori, scegliendo una strada diversa, più solitaria e infinitamente più dura: quella della difesa degli animali, trasformando la celebrità in una missione e la ribellione in una ragione di vita.
Parlare di Brigitte Bardot significa evocare due esistenze che sembrano appartenere a donne diverse. Da un lato la giovane star, magnetica e inquieta, divorata dall’attenzione, imprigionata in due iniziali – “B.B.” – ridotta a immagine, a desiderio, a mito. Dall’altro una donna fragile ma incrollabile, capace di sfidare governi, industrie e abitudini radicate, senza temere lo scontro. Lei stessa lo aveva ammesso con stupore: «A volte faccio fatica a credere di essere stata quella Brigitte Bardot».
A unire queste due anime c’era un filo invisibile ma resistente: l’impossibilità di accettare l’ingiustizia. Bardot è sempre stata una ribelle, anche quando la ribellione le costava tutto.
La seconda vita di Brigitte Bardot ha una data precisa: 6 giugno 1973. Sul set del film Colinot l’alzasottane, l’attrice annunciò che quello sarebbe stato il suo ultimo lavoro. Aveva 38 anni e un’intera carriera davanti, ma il cinema non la rappresentava più. In un’intervista radiofonica disse parole che suonarono come una rottura definitiva: «Basta cinema. Ci sono altre cose da fare. D’ora in poi mi occuperò di altro».
Non era la prima volta che minacciava di lasciare la scena, ma fu l’unica in cui mantenne davvero la promessa. Da quel momento, le sue apparizioni pubbliche furono rare, quasi sempre legate a una sola causa: la salvezza degli animali.
Il suo amore per loro era nato prima, già all’inizio degli anni Sessanta, quando aveva preso posizione contro le atrocità dei macelli. Ma un episodio, diventato quasi leggenda, segnò il punto di non ritorno. Sul set di Colinot c’era una capretta. La proprietaria, con naturalezza crudele, le disse che l’animale sarebbe stato cucinato per una festa di famiglia. Bardot non esitò: la comprò, la portò con sé, legata a una corda, fino in un hotel di lusso. Uno scandalo, certo. Ma anche una rivelazione.
«Quel giorno – raccontò – decisi di smettere con il cinema e di aiutare gli animali». Da quel gesto istintivo nacque una vita interamente dedicata alla lotta.

Già nel 1962, dopo aver visto immagini insostenibili delle condizioni di macellazione, Bardot si batté contro l’uso delle pistole elettriche e scelse il vegetarianismo. Nel 1967 fu ricevuta all’Eliseo da Charles de Gaulle. Anni dopo ottenne una vittoria storica: l’introduzione dello stordimento obbligatorio prima della macellazione.
Ma l’immagine che fece il giro del mondo arrivò nel 1977, sui ghiacci del Canada. Bardot, vestita di bianco, inginocchiata accanto ai cuccioli di foca destinati al massacro. Quegli occhi neri, spalancati sul mondo, divennero il simbolo di una crudeltà che non poteva più essere ignorata. Dopo anni di battaglie, la caccia ai cuccioli fu vietata. Lei la definì «una delle poche vere vittorie della mia vita».

Nel 1986 Brigitte Bardot fondò a Saint-Tropez la Fondazione che porta il suo nome. Mise all’asta gioielli, ricordi, pezzi della sua vita passata, raccogliendo milioni per finanziare le sue campagne. Donò persino La Madrague, la sua casa, per garantire alla Fondazione lo status di utilità pubblica, ottenuto nel 1992.
Da allora, l’organizzazione ha creato rifugi per elefanti, koala, orsi, primati; ha contribuito alla reintroduzione di specie scomparse in Africa e al ritorno dei lupi sulle Alpi. Ha promosso cause legali, campagne contro la pelliccia, l’ippofagia, l’alimentazione forzata di anatre e oche. Ha aperto rifugi dove centinaia di cani, gatti, cavalli e mucche attendono una seconda possibilità.

Non sono mancate le polemiche, i processi, le condanne. Bardot ha pagato un prezzo alto per la sua intransigenza. Ma non ha mai fatto un passo indietro.
“Gli animali mi hanno salvato la vita”
In un’intervista a Le Monde per i suoi 90 anni, Bardot parlava della vecchiaia senza paura. Diceva che le era “caduta addosso” lentamente, ma che la sua vita le piaceva così com’era. Lontana dalla folla, dal rumore, dalle aspettative.
«La solitudine è una scelta, un lusso», spiegava. Amava il silenzio, la natura, i suoi animali. Le sue giornate scorrevano semplici: i piccioni sulla terrazza al mattino, i gatti e i cani come unica compagnia, pochi gesti ripetuti senza fretta. «Non ho bisogno di niente», diceva. «Così come sto, ho tutto».

Alle sei di sera, Brigitte Bardot “chiudeva” il mondo fuori. Niente più parole inutili, niente concessioni. Una disciplina del silenzio, conquistata dopo una vita passata sotto gli sguardi di tutti.
Icona del cinema, sì. Ma soprattutto donna che ha scelto di essere se stessa, fino in fondo. Accanto agli animali che, come amava ripetere, le avevano “salvato la vita”. Perché degli esseri umani, confessava, era rimasta spesso delusa. Degli animali, mai.
«Hanno tutte le qualità che mancano agli uomini», diceva. «E nessuno dei loro difetti».

@Redazione Sintony News (S.C)