Una proposta di legge bipartisan è in corso di definizione in Italia per imporre limiti più severi al fenomeno dei baby influencer sui social network. Il disegno di legge, ora all’esame dell’VIII commissione del Senato, prevede che l’apertura (o il mantenimento) di account social per minori sia consentita solo a partire dai 14 o 15 anni, oltre a maggiori controlli e vincoli fino al raggiungimento dei 18 anni.
Tra le misure più rilevanti, il testo in via di limatura prevede: l’impossibilità per chi ha meno di 14 o 15 anni (a seconda della versione finale) di attivare un account sui social o sulle piattaforme di condivisione video. Per gli account già attivi e detenuti da minori al momento dell’entrata in vigore della legge, verranno stabiliti criteri di validità condizionata, purché il giovane abbia raggiunto l’età minima prevista. L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) dovrà vigilare sull’applicazione della legge e pubblicare ogni anno un report sui dati e sull’efficacia delle disposizioni.
Introduzione obbligatoria di misure di trasparenza per le sponsorizzazioni svolte da minorenni e norme specifiche per prevenire lo sfruttamento economico da parte di genitori o terzi. L’utilizzo del cosiddetto “mini-portafoglio digitale nazionale” per la verifica dell’età degli utenti: una soluzione tecnologica che dovrebbe essere operativa entro il 30 giugno 2026 (in coordinamento con i sistemi europei).
I promotori del ddl – tra cui la senatrice Lavinia Mennuni (FdI) – affermano che la legge è urgente per arginare il crescente coinvolgimento di bambini e adolescenti nel lavoro da creatori di contenuti, spesso in condizioni di sfruttamento, pressione psicologica e rischi per la privacy.
Un report citato nell’articolo segnala che circa 336.000 giovani tra i 7 e i 15 anni avrebbero almeno una “esperienza lavorativa” legata ai social media, cioè la produzione di contenuti digitali in cambio di compensi o visibilità.
Il Codacons ha espresso il proprio favore alla stretta, sottolineando come il ddl cerchi di porre paletti a un fenomeno finora poco regolamentato e di proteggere i minori da derive commerciali e manipolative.
Non mancano le questioni aperte. Un nodo centrale è il meccanismo di verifica dell’età, il cui funzionamento dovrà conciliare sicurezza, privacy e facilità d’uso. Alcuni emendamenti propongono di obbligare i social a richiedere documenti ufficiali (carta d’identità, codice fiscale), mentre altri puntano su soluzioni meno invasive, utilizzando il mini-portafoglio digitale.
Altri punti critici riguardano la definizione precisa dell’età minima (14, 15 o anche 16 anni in alcuni casi), l’effettiva applicabilità per gli account già attivi, nonché la capacità delle piattaforme digitali di adattarsi alle nuove regole in tempi ragionevoli, specialmente se la legge entrerà in vigore con scadenze ravvicinate.
Il Parlamento punta ad approvare il ddl entro l’inizio del 2026, dopo le ultime limature e l’accordo tra maggioranza e opposizione.
@Redazione Sintony News