
La presenza di minori o persone vulnerabili non può bloccare lo sfratto in caso di occupazione abusiva di un immobile. A stabilirlo è la Corte di Cassazione, che ha accolto il ricorso di una donna di Firenze, proprietaria di un capannone occupato per oltre cinque anni. Il pronunciamento segna un punto fermo nel dibattito tra diritto alla proprietà e tutela dei soggetti fragili, e rischia di avere un impatto importante su casi analoghi in tutta Italia.

Tutto inizia nel novembre 2013, quando un gruppo di circa trenta persone occupa abusivamente un capannone industriale di 700 metri quadrati a Firenze. Tra gli occupanti vi erano minori e persone con disabilità. La Corte d’Appello di Firenze aveva ordinato lo sfratto con esecuzione prevista per marzo 2015, ma l’operazione è stata rinviata più volte proprio a causa della presenza di soggetti vulnerabili e delle difficoltà del Comune nel reperire soluzioni abitative alternative.
Solo nell’aprile 2018, grazie all'intervento dell’amministrazione comunale, l’immobile è stato liberato. Ma il ritardo di oltre tre anni ha provocato gravi danni economici alla proprietaria, che ha così avviato un procedimento legale contro le amministrazioni competenti.

Nel confermare la sentenza della Corte d'Appello, la Cassazione ha affermato che, sebbene la tutela di minori e persone disabili sia un obiettivo di primaria importanza, non può giustificare l’inerzia nell’esecuzione dei provvedimenti giudiziari.
“Va riaffermata la legalità violata”, scrivono i giudici, sottolineando come la presenza di soggetti fragili debba essere bilanciata con il diritto del proprietario al pieno godimento dei propri beni.
Secondo la Suprema Corte, il dovere di gestione delle emergenze abitative spetta allo Stato e non ai singoli cittadini. La proprietaria, che ha già versato le imposte e i tributi legati all'immobile, non può farsi carico dei costi sociali derivanti da un’occupazione abusiva.

Il Tribunale di Firenze, nel valutare il danno economico subito dalla donna, aveva inizialmente stabilito un risarcimento di 238mila euro, poi ridotto a 183mila. L’importo sarà corrisposto dai ministeri competenti, tra cui Interno, Giustizia e Infrastrutture, per non aver assicurato in tempi ragionevoli l’esecuzione dello sfratto già autorizzato dal giudice.
Il caso fiorentino potrebbe rappresentare un precedente rilevante. Da anni, in diverse città italiane, i provvedimenti di sgombero vengono ritardati o sospesi per evitare crisi umanitarie improvvise, lasciando però i proprietari senza tutela legale né compensazione immediata.
@Redazione Sintony News