Due documenti scritti di suo pugno, sigillati e depositati dal notaio. È così che Giorgio Armani, scomparso il 4 settembre a 91 anni, ha deciso di regolare l’eredità di un patrimonio stimato tra gli 11 e i 13 miliardi di euro e, soprattutto, il futuro della Giorgio Armani Spa, la società che ha fondato mezzo secolo fa e che oggi rappresenta uno dei simboli della moda italiana nel mondo.
I due testamenti, datati 15 marzo 2025 e 5 aprile 2025, sono stati aperti il 9 settembre nello studio del notaio Elena Terrenghi. Entrambi redatti in forma segreta, potrebbero essere complementari o vedere il secondo emendare in parte il primo. In ogni caso, delineano il percorso successorio di uno dei più grandi imprenditori creativi del Paese, che non avendo figli ha potuto decidere liberamente come distribuire i propri beni.
Nel patrimonio personale di Armani compaiono ville da sogno nelle località più esclusive – da Antigua a Saint Tropez, da Pantelleria a Saint Moritz, fino a Parigi e New York – oltre alla storica residenza di Forte dei Marmi e alla recente acquisizione della Capannina, tempio del jet set versiliese. A questi si aggiungono maxi yacht, opere d’arte e partecipazioni di rilievo in colossi come EssilorLuxottica e The Italian Sea Group, oltre al cuore pulsante del suo impero: la quota del 99,9% della Giorgio Armani Spa, con il restante 0,1% in mano alla Fondazione Armani.
Nell’universo affettivo dello stilista rimangono la sorella Rosanna, i nipoti Andrea Camerana, Silvana e Roberta Armani, e il suo storico braccio destro Leo Dell’Orco, manager che ha guidato il gruppo negli ultimi anni. Ma secondo le prime indiscrezioni, la regia del futuro della maison sarà affidata soprattutto alla Fondazione Armani.
Già nel 2023 lo stilista aveva modificato lo statuto societario introducendo sei categorie di azioni con diritti di voto differenziati. Quelle con il maggior peso decisionale – le categorie A e F – potrebbero essere destinate proprio alla Fondazione, con l’obiettivo di garantire stabilità, continuità e soprattutto indipendenza alla casa di moda. Un tema caro ad Armani, che aveva indicato come condizioni non negoziabili la permanenza della sede in Italia e il divieto di una quotazione in Borsa almeno per i prossimi cinque anni.
La scomparsa del maestro cade a ridosso della Milano Fashion Week (23-29 settembre), che per la prima volta si terrà senza di lui ma con un calendario confermato anche per le sfilate della maison. «Celebriamo la Milano Fashion Week – ha detto Carlo Capasa, presidente della Camera della Moda – nel segno del ricordo di uno dei suoi fondatori. La sua lezione creativa, imprenditoriale e umana è preziosa in un’epoca di trasformazione».
Il sindaco Giuseppe Sala ha confermato inoltre l’iscrizione dello stilista al Famedio di Milano, il luogo simbolico in cui riposano le personalità che hanno reso grande la città. Armani vi entrerà come icona di eleganza, imprenditorialità e italianità nel mondo.
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