L’età media per accedere alla pensione in Italia continua a salire. Nel 2024 si attesta a 64,8 anni, in crescita rispetto ai 64,2 dell’anno precedente. A pesare è l’effetto combinato di Quota 103 (che consente l’uscita con 62 anni di età e 41 anni di contributi), degli incentivi per restare al lavoro e delle forme flessibili come lo smart working per alcune categorie.
Lo rileva il Rapporto annuale dell’Inps, presentato mercoledì 16 luglio alla Camera dei Deputati, che offre una fotografia aggiornata del sistema pensionistico italiano. Il dato più alto riguarda le pensioni di vecchiaia, con una media di uscita a 67,2 anni, mentre le anticipate si fermano a 61,6 anni.
Nel 2024 il numero complessivo dei pensionati è rimasto sostanzialmente invariato rispetto all’anno precedente: circa 16,3 milioni, di cui 15,7 milioni in carico all’Inps. La spesa complessiva per le pensioni ha raggiunto i 364 miliardi di euro, con 355 miliardi erogati direttamente dall’Inps.
Il presidente dell’Istituto, Gabriele Fava, ha definito il sistema attuale “solido”, ma ha anche lanciato un chiaro monito: “La transizione demografica in corso, con l’invecchiamento della popolazione e la contrazione prevista di circa 5 milioni di persone in età lavorativa entro il 2040, impone scelte coraggiose per garantire la sostenibilità futura del sistema”.
Sul possibile adeguamento automatico dell’età pensionabile alle aspettative di vita (che potrebbe portare a un aumento di 3 mesi), il governo non ha ancora preso una decisione definitiva.
“Faremo tutte le valutazioni del caso – ha dichiarato la ministra del Lavoro Marina Calderone – ma non c’è al momento l’intenzione di procedere con l’innalzamento”.
Il rapporto conferma le disparità di genere nel sistema previdenziale: le donne rappresentano il 51% dei pensionati, ma percepiscono solo il 44% della spesa pensionistica. L’importo medio lordo mensile è di 1.610 euro per le donne contro 2.180 euro per gli uomini, una differenza che evidenzia il divario retributivo e contributivo accumulato in carriera.
Una quota crescente di pensionati resta attiva nel mondo del lavoro: secondo un’indagine a campione dell’Inps, l’8,5% lavora ancora a un anno dall’uscita, con picchi del 27,4% tra gli ex iscritti a gestioni previdenziali diverse dall’Inps, e del 21,6% nel settore agricolo.
Il rapporto mette anche in evidenza un forte disallineamento tra salari e inflazione: negli ultimi cinque anni la crescita delle retribuzioni contrattuali è stata inferiore di oltre 9 punti percentuali rispetto all’aumento dei prezzi. Un dato che colpisce soprattutto i lavoratori più giovani e le categorie più fragili.
Nonostante ciò, i segnali sul fronte occupazionale restano positivi: 27 milioni di lavoratori, tra dipendenti e autonomi, risultano attualmente attivi nei versamenti previdenziali, con un aumento di 400mila unità rispetto al 2023 (+1,5%) e di 1,5 milioni rispetto al 2019 (+5,9%). La crescita riguarda in particolare l’occupazione femminile, anche se l’Italia resta sotto la media europea in termini di tasso di occupazione delle donne.
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