Puntuale come ogni primavera, esplode nelle scuole italiane la polemica sull’abbigliamento degli studenti. Il primo caso dell’anno arriva da Livorno, dove alcuni alunni di un istituto nautico sono stati bloccati all’ingresso perché indossavano pantaloncini corti, e quindi esclusi dalla partecipazione alle lezioni.
Una decisione che ha suscitato indignazione tra gli studenti e sui social, ma che la dirigenza scolastica difende con fermezza: “Abbiamo solo applicato il regolamento”, ha spiegato il dirigente. E in effetti l’articolo 48 del regolamento d’istituto è chiaro: niente pantaloni o gonne molto corti, no a canottiere, infradito, magliette scollate o trasparenti, o comunque a qualsiasi abbigliamento ritenuto “non decoroso”.
Quello di Livorno non è un episodio isolato. Secondo un’indagine condotta dal portale Skuola.net su un campione di 2.800 studenti di scuole medie e superiori, circa il 30% degli alunni italiani si scontra regolarmente con regole scolastiche che vietano determinati capi d’abbigliamento, soprattutto durante i mesi più caldi.
Inoltre, il 55% degli intervistati ha dichiarato che nella propria scuola esiste un dress code “implicito”, non scritto, ma comunque applicato e fatto rispettare. Solo il 20% dei ragazzi e delle ragazze può vestirsi liberamente ogni mattina, anche se, in alcuni casi, si rischiano comunque i rimproveri di docenti più rigidi.
Ma il controllo sull’immagine degli studenti non si ferma all’abbigliamento. In molte scuole italiane – circa una su cinque – le regole si estendono anche ad aspetti più personali. Le ragazze, ad esempio, si vedono spesso vietare unghie finte, trucco eccessivo, colori di capelli troppo accesi o piercing. Ai ragazzi, invece, viene richiesto di mantenere un aspetto “ordinato”, in particolare per quanto riguarda la barba, che non deve essere lunga o trasandata.
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