Lo scandalo delle violenze sessuali imputate a Mohamed Al Fayed, defunto miliardario egiziano ed ex proprietario dei magazzini di lusso Harrods a Londra e dell'hotel Ritz di Parigi, è esploso nuovamente con un’ondata di denunce. Ben 150 donne si sono fatte avanti, accusando Al Fayed di molestie e stupri sistematici, perpetrati nell'arco di 25 anni nei luoghi di lavoro più esclusivi.

Le vittime, provenienti da diversi Paesi tra cui Italia, Malaysia, USA e Romania, hanno lavorato per Al Fayed in ambienti di lusso come Harrods e il Ritz, dove – secondo le testimonianze – sarebbero avvenuti episodi di violenza sessuale. Le accuse hanno preso forza dopo la trasmissione di un documentario della BBC, *"Al-Fayed: Predator at Harrods"*, in cui oltre 20 donne avevano inizialmente raccontato le loro storie.

Il team legale che rappresenta le donne, guidato dall'avvocato Dean Armstrong e dall'icona delle battaglie per i diritti delle vittime Gloria Allred, ha descritto Al Fayed come un "mostro", paragonandolo a noti predatori sessuali seriali come Jimmy Savile, Jeffrey Epstein e Harvey Weinstein. Secondo Armstrong, Al Fayed ha potuto agire impunemente grazie al suo potere e alla sua influenza, soprattutto tra gli anni Ottanta e Novanta, quando dominava la scena imprenditoriale e sociale britannica. Tra le presunte vittime, la più giovane aveva solo 16 anni all'epoca dei fatti contestati.

Nonostante Al Fayed sia deceduto nel 2023 all'età di 94 anni, la battaglia legale continua. Gli attuali proprietari di Harrods, il fondo sovrano del Qatar, sono ora sotto i riflettori, con il team legale delle vittime che punta a ottenere un risarcimento per i danni subiti. La causa civile non è ancora stata formalmente depositata, ma si cerca di raggiungere un accordo extragiudiziale.

Molte delle donne coinvolte hanno deciso di parlare solo ora, spingendosi a raccontare la loro verità in contrasto con l’immagine di Al Fayed proposta dalla serie Netflix *"The Crown"*, che, a loro avviso, ha tracciato un ritratto troppo positivo del magnate. Il caso Al Fayed si inserisce a pieno titolo nel movimento MeToo, riaccendendo l’attenzione sui crimini di abuso di potere nei luoghi di lavoro più prestigiosi.