Dopo il turbamento causato dalla pandemia, i lavoratori stanno riconsiderando le proprie priorità, con un'enfasi maggiore sul bilancio tra vita professionale e personale. Secondo i dati emersi dal Randstad WorkMonitor 2024, riportati dal Sole 24 Ore, il tempo dedicato alla sfera privata e alle relazioni ha guadagnato una nuova centralità nella vita lavorativa degli italiani e dei lavoratori globali.
Il Randstad WorkMonitor 2024, condotto in oltre 30 Paesi per analizzare l'atteggiamento dei lavoratori verso la propria carriera e le tendenze del mercato del lavoro, ha coinvolto 764 intervistati in Italia e circa 26.800 interviste a livello mondiale, con un'età compresa tra i 18 e i 67 anni.
Tra le principali rivelazioni della ricerca, spicca il fatto che l'avanzamento di carriera non è più una priorità per molti lavoratori, classificandosi al nono posto tra i fattori rilevanti.
I fattori determinanti per i lavoratori includono principalmente l'equilibrio tra lavoro e vita privata (94%), seguito da retribuzione (93%) e sicurezza del lavoro (90%). Altri aspetti importanti sono il senso di realizzazione (87%), la flessibilità degli orari (80%), i giorni di ferie (79%), la formazione (79%) e l'assicurazione sanitaria (75%), mentre l'avanzamento di carriera si colloca solo al nono posto con il 74%.
L'ambizione professionale, secondo la ricerca, è più evidente tra la Generazione Z (67%) e i Millennials (57%), nonché tra gli uomini (56%) rispetto alle donne (47%). Tuttavia, solo la metà degli intervistati dichiara di essere "ambizioso" riguardo alla propria carriera.
Il concetto di ambizione si sta allontanando dall'avanzamento di carriera, con i lavoratori che pongono maggiore enfasi sul bilancio tra lavoro e vita, la flessibilità, l'equità e la crescita personale. Solo il 35% dei lavoratori considera la carriera come una priorità, mentre il 34% non accetterebbe ruoli manageriali, nemmeno con opportunità di avanzamento professionale.
La mancanza di opportunità di carriera è solo uno dei motivi per cui gli italiani lasciano il proprio lavoro, con altri fattori come un ambiente lavorativo poco piacevole, la scarsa adattabilità al proprio stile di vita e uno stipendio basso che giocano un ruolo significativo.
Marco Ceresa, Group CEO di Randstad, commentando i risultati della ricerca, sottolinea "un forte calo della motivazione al lavoro tra gli italiani, un evidente segnale di malessere che va ascoltato e compreso. Il lavoro si conferma fondamentale nel fornire senso e scopo alle persone, ma oltre alla carriera c'è altro". "Sempre più lavoratori - spiega Ceresa - includono anche altro nella definizione della propria 'ambizione' professionale, che oggi non può prescindere da aspetti valoriali, di flessibilità, di equilibrio con la vita personale". Non a caso, "non sono pochi gli intervistati che affermano di poter essere appagati da un lavoro senza prospettive di carriera ma nelle loro corde: un'eredità della riflessione profonda delle persone nel periodo di pandemia".
Marta Rachele Pusceddu