La Giornata della Memoria assume un significato particolarmente rilevante in un periodo oscuro della storia di Israele e del popolo ebraico. Circa quattro mesi fa, 1.200 persone sono state vittime di un brutale massacro perpetrato dai miliziani di Hamas, mentre circa 130 rimangono ancora ostaggio del partito armato palestinese. Nel frattempo, la rappresaglia israeliana ha causato un aumento delle vittime civili a Gaza.
Durante le celebrazioni, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha rivolto un messaggio al governo di Tel Aviv, esortandolo a considerare questa giornata come un'opportunità per promuovere una pace duratura, come richiesto dalla maggior parte della comunità internazionale: “Coloro che hanno sofferto il turpe tentativo di cancellare il proprio popolo dalla terra sanno che non si può negare a un altro popolo il diritto a uno Stato”.
Questa dichiarazione è giunta dopo una ferma condanna dell'azione del 7 ottobre, definita dal capo dello Stato una "raccapricciante replica degli orrori della Shoah". Nonostante ciò, Mattarella ha affermato che Israele rimane “un Paese a noi vicino e pienamente amico, oggi e in futuro, per condivisione di storia e di valori. Siamo e saremo sempre impegnati per la sua sicurezza”.
Poi ha espresso preoccupazione per gli ostaggi nelle mani di Hamas e ha evidenziato l'angoscia per le numerose vittime tra la popolazione civile palestinese a Gaza, chiedendo “l’irrinunziabile rispetto dei diritti umani di ciascuno, ovunque” anche perché “una reazione con così drammatiche conseguenze sui civili, rischia di far sorgere nuove leve di risentimenti e di odio”.
Mattarella ha richiamato l'attenzione sulle sfide attuali, definendo i conflitti come la piaga principale dei nostri giorni. Ha parlato di una “ruota della storia che sembra talvolta smarrire la sua strada, portando l’umanità indietro, a tempi e a stagioni che mai avremmo pensato di rivivere. Le conquiste della pace e delle libertà democratiche sono esaltanti e vanno salvaguardate di fronte a risorgenti tentazioni di risolvere le controversie attraverso il ricorso alla guerra, alla violenza, alla sopraffazione. Siamo di fronte a un nuovo crinale apocalittico, per usare un’espressione cara a Giorgio La Pira. In alcune zone del mondo, in un’epoca così travagliata come la nostra, sembra divenuta impossibile non soltanto la convivenza, ma persino la vicinanza”.
Il presidente ha evidenziato il ritorno alla violenza e al preoccupante riemergere dell'antisemitismo e del culto dell'uomo forte, sia in strada che sui social. “Parole d’ordine, gesti di odio e di terrore sembrano di nuovo affascinare e attrarre, nel nostro Continente ma anche altrove – ha continuato – Su questo occorrerebbe compiere una approfondita riflessione, indagando le motivazioni che spingono numerose persone a coltivare in modo inaccettabile simboli e tradizioni di ideologie nefaste e minacciose, che hanno portato all’umanità soltanto dolore, distruzione e morte. Il fanatismo, religioso o nazionalista, che, mosso da antistoriche e disumane motivazioni, non tollera non soltanto il diritto ma neppure la presenza dell’altro, del diverso, ritiene di poter imporre la sua visione con la forza, la guerra e la violenza, violando i principi fondamentali del diritto internazionale e della civiltà umana”.
Marta Rachele Pusceddu