Risultano due conflitti: uno reale e uno virtuale. La guerra tra Israele e i palestinesi da ormai 15 anni si combatte anche sui social media. Tra fake news, un insieme di immagini, vere e finte, e polarizzazioni. Prendono piede gli hastag sul tema e c'è qualche influencer che cerca di partecipare al dibattito e aumentare le sue interazioni.
Nelle ultime ore, ha destato parecchia polemica quanto accaduto su X (ex Twitter). Con l'arrivo di Elon Musk le regole sono cambiate: infatti la piattaforma rafforza i contenuti degli utenti che pagano l’abbonamento premium a 8 dollari al mese e hanno acquistato una spunta blu, mentre gli account verificati di fonti affidabili risultano più penalizzati.
"L’attacco a Israele era il primo vero test per il Twitter di Elon Musk ed è clamorosamente fallito", queste le parole espresse a Bloomberg da Mike Rothschild, studioso di teorie del complotto e fake news.
Sulla vicenda è intervenuta anche la Ue, la quale ha inviato al patron di X una lettera, firmata dal commissario del mercato unico Thierry Breton, in cui lo diffida dal diffondere "contenuti illegali e disinformazione" e richiede inoltre di rispondere alle contestazioni che gli sono state mosse in 24 ore, con la minaccia di ricevere sanzioni.
Una bimba bionda sorride davanti a uno schermo, la sovrasta un piccolo cuore spezzato, sembrerebbe un ostaggio ma così non è, visto e considerato che è solo la protagonista di un video postato su TikTok tempo fa e non ha legami con l’attacco del 7 ottobre. Pioggia di razzi di Hamas: l'ennesimo video non veritiero, bensì risalente alla guerra in Siria del 2020. Cristiano Ronaldo sventola una bandiera palestinese: non è mai successo. Infatti, risulta uno scatto manipolato del calciatore marocchino Jawad El Yamiq ai mondiali del 2022.
Su TikTok, invece c'è un'invasione di video che inneggiano alla propaganda palestinese, ripostati anche da giovanissimi, europei o americani. L’hashtag #freepalestine raggiunge le 12,7 miliardi di visualizzazioni. In Germania la Verfassungschutz, l’Ufficio federale per la protezione della Costituzione ha dato un allarme sulla diffusione dell’antisemitismo online e sulla "Tiktokizzazione del Salafismo". I brevi video pubblicati da alcuni dei predicatori e imam più celebri di Berlino diventano virali e sono in grado di influenzare i ragazzi di origine araba.
Sabato, Mohamed Matar, imam della moschea Dar as-Salam di Berlino, ha scritto prima della chiusura del suo profilo: "È chiaro chi sia l’aggressore. È Israele".
"Adoro vedere queste cose", scrive il salafita Arafat Abou-Chaker, 250 mila follower su Instagram e 62 mila su TikTok, facendo riferimento ad una mappa di Israele in cui si segnalavano gli attacchi di Hamas. Messaggi dietro a cui si celano pericoli, soprattutto per quei giovani ignari del contesto e con i social come unica fonte di informazione.
Alessandro Paolo Porrà