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4 Luglio 2023

Asinara, conclusa la campagna di scavi archeologici nei campi di prigionia austro-ungarici

Prof. Milanese (UniSs): “Furono deportati in 24mila da Valona”. Studiata la vita, l’organizzazione dei campi, gli ospedali e i cimiteri e le strutture subacquee

 

Le aree dei campi di prigionia austro-ungarici della Prima Guerra Mondiale all’Asinara (ascolta il podcast) – sottoposte a recenti indagini archeologiche continuano a riservare sorprese e a emergere dal totale oblio nel quale sono state relegate per oltre un secolo. Si è infatti conclusa in questi giorni una campagna di ricerca archeologica, che è parte di un progetto d’indagine pluriennale con capofila l’Università di Sassari, volto a far luce sulla materialità della vita nei campi di prigionia, sulla loro organizzazione spaziale e tecniche costruttive.

 

La presentazione dei risultati si terrà a Porto Torres il 21 luglio prossimo e in quella occasione saranno commentati i ritrovamenti più significativi, verrà perlustrato il campo di Stretti con un tour virtuale  sia a terra che con il drone, saranno mostrati i reperti più interessanti. (Foto sotto, Campo Perdu, Asinara)

 

campo perdu – 1 | Isola Asinara

 

Le indagini archeologiche, dirette dal Prof. Marco Milanese, Ordinario di Archeologia nel Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione dell’Università di Sassari, sono giunte alla terza annualità e si sono particolarmente concentrate nel campo di prigionia di Stretti (foto sotto), con operazioni di diagnostica non invasiva, finalizzate alla programmazione per il prossimo anno di uno scavo estensivo (da subordinare al reperimento dei fondi necessari).

 

 

La novità delle ricerche appena concluse – sottolinea il Prof. Milanese-  è anche rappresentata dalle indagini subacquee - condotte con il supporto di archeologi subacquei tedeschi di Koblenz, dall’ampio curriculum internazionale - nelle aree prospicienti alcuni dei campi di prigionia, che hanno permesso di individuare strutture e reperti sommersi riferibili all’attività dei campi”.

 

“Potrebbe sembrare un paradosso parlare di archeologia della Prima Guerra Mondiale, associare cioè archeologia, una scienza che evoca l’antico, e la Prima Guerra Mondiale. Ma oggi l’archeologia si è affermata come modo di fare storia, a prescindere dalla cronologia. Indaga le tracce materiali del passato”, afferma a Radio Sintony il Prof. Milanese.

 

La stele di Stretti | Isola Asinara

 

“Le ricerche archeologiche sui resti dei campi di prigionia austroungarici della Prima Guerra Mondiale sull’Isola dell’Asinara – prosegue il docente di archeologia – entrano nel dettaglio nel raccontarci l’organizzazione di questi campi di tende che ospitarono 24mila prigionieri trasferiti dal porto di Valona, in Albania, nel nord Sardegna. La prosecuzione di queste ricerche, con scavi veri e propri, permetterà di capire ulteriori aspetti della vita quotidiana nella complessa organizzazione tra attendamenti, ospedali e attività produttive e cimiteri (foto sotto).

 

I cimiteri italiano ed austro-ungarico nell'isola dell'Asinara. - Storia e  Memoria di Bologna

 

Le indagini sono state autorizzate dal Parco Nazionale dell’Asinara, diretto dal Dott. Vittorio Gazale, e dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici di Sassari e Nuoro (Soprintendente Prof. Bruno Billeci e funzionari Dott.ssa Gabriella Gasperetti e Gianluigi Marras), con la collaborazione del Comune di Porto Torres e di quello di Stintino.

 

“Le ricerche condotte dall’Università di Sassari – prosegue il Prof. Milanese -  hanno dimostrato che i prigionieri alloggiavano in 4 persone per tenda, il cui pavimento interno, probabilmente in terra battuta, era ad un livello più basso del piano di campagna. Ogni tenda aveva una struttura in pietra che la rendeva più solida. I militari disponevano di una gavetta in ferro e di ben poche altre suppellettili, come ci diranno meglio i prossimi scavi – conclude il docente - che saranno intrapresi non appena ci saranno le autorizzazioni e i finanziamenti”.

 

Il deserto di Stretti | Isola Asinara

 

La documentazione è stata effettuata dai dottorandi Veronica Venco, Stefano Pedersoli e Luca Caloi, con studenti e specializzandi dell’Università di Sassari e l’apporto progettuale del Prof. Luigi Magnini dell’Università di Venezia e di Giovanni Azzalin.

Emanuele Concas