L’uscita anticipata dal lavoro con 41 anni di contributi, senza tener conto dall’età anagrafica, resta il fine del governo Meloni. Il tutto da mettere in pratica durante la legislatura, ma al momento non ci sarebbero le coperture. E così, mentre a Palazzo Chigi proseguono gli incontri con i sindacati. alla ricerca di nuove possibilità in tema di flessibilità pensionistica, chi intende andare in pensione in anticipo rispetto ai requisiti previsti dalla legge Fornero, deve basarsi sui canoni previsti dalle leggi ancora in vigore.
Ad esempio, Quota 41 che è riservata a chi vuole lasciare il lavoro in anticipo e ha almeno 41 anni di contributi, a prescindere da quale sia la sua età. Tuttavia, la norma non vale però per tutti i lavoratori, ma solo per quelli cosiddetti “precoci” cioè chi ha svolto almeno 12 mesi di lavoro effettivo, anche non continuativo, prima del 19esimo anno di età.
Ma non basta per anticipare la pensione, poichè necessario lo stato di disoccupazione a seguito di licenziamento anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale. Rientrano anche i disoccupati per la scadenza di un contratto a termine, solo se nel triennio precedente hanno avuto un lavoro dipendente per almeno 18 mesi. Può richiedere la Quota 41 anche chi ha riconosciuti un grado di invalidità del 74%; chi assiste (cargiver) da almeno sei mesi il coniuge, la persona in unione civile o un parente di primo grado convivente con handicap grave; i lavoratori che si occuopano di mansioni usuranti o lavoratori notturni con almeno 64 notti lavorate l'anno e chi svolge attività particolarmente difficoltose e rischiose.
Bisogna tuttavia chiarire che, questi requisiti valgono fino al 31 dicembre.
La premier Giorgia Meloni deve infatti presentare un piano ai sindacati su come uscire anticipatamente dal lavoro anche nel corso del 2024. Ora bisogna basarsi su Quota 103, verso la possibile riconferma: introdotta dal governo Draghi, la quale prevede l’uscita dal lavoro a 62 anni e 41 anni di contributi.
Alessandro Paolo Porrà