Ancora disparità e differenze incomprensibili. Le donne in Italia continuano a lavorare poco, a guadagnare di meno, ad avere pensioni più basse degli uomini e minori opportunità di carriera. Eppure le ultime generazioni hanno raggiunto un livello di istruzione e di rendimento scolastico superiore a quello degli uomini e in Italia vige una normativa tra le più avanzate in Europa. Ma la disparità continua ad essere evidente. Le dimensioni del fenomeno sono emerse dal seminario “Le scomode cifre dell’Italia delle donne” organizzato dal Consiglio Nazionale degli Attuari con Noi Rete Donne, che ha visto la partecipazione – tra gli altri - dell’ex ministra del Lavoro Elsa Fornero e del giuslavorista Giuliano Cazzola.
Nel 2021 il reddito pensionistico medio lordo mensile delle circa 3 milioni di pensionate italiane era di 1.321,14 euro, contro 1.970,19 euro dei circa 5 milioni di pensionati. Il cosiddetto “differenziale di genere” è il 32,9: significa che rispetto alla media del totale delle pensioni di vecchiaia, gli uomini percepiscono il 32,9% in più. Dietro ai numeri delle pensioni, hanno spiegato le relatrici Liana Verzicco, Giuliana Coccia e la presidente del Consiglio Nazionale degli Attuari Tiziana Tafaro, ci sono quelli del lavoro: il tasso di occupazione femminile in Italia è il 55%, oltre i 14 punti percentuali in meno rispetto alla media europea e oltre 18 punti rispetto alle economie più avanzate d’Europa.
Nonostante il cambio di passo delle generazioni più giovani, in Italia le donne continuano a essere impiegate soprattutto nei servizi pubblici, in particolare istruzione e sanità e in generale nei servizi alla persona. Questo è una delle cause di redditi medi inferiori agli uomini, unitamente alla maggiore esposizione a lavori precari. Nel 2021 la retribuzione media lorda settimanale è stata di 603,8 euro per gli uomini e di 468,12 euro per le donne. Rispetto alla media totale delle retribuzioni gli uomini guadagnano quindi – al lordo - il 22,5% in più. Un peso determinante lo ha anche la difficoltà di conciliare vita lavorativa e carichi familiari, che influisce negativamente sulla carriera. Per comprendere il fenomeno le relatrici del seminario Attuari-Noi Rete Donne hanno fornito un dato che riguarda le madri di figli in età pre-scolare. Su 100 donne tra 25 e 49 anni di età, 73 hanno figli piccoli e di queste 27 non lavorano.
Secondo Elsa Fornero, docente ed ex ministra, in Italia abbiamo un welfare sbilanciato sulla parte finale del ciclo di vita: le pensioni. “E un riflesso condizionato, quando pensi al welfare, pensi alle pensioni perché, fra l’altro, è la parte di spesa sociale ben più rilevante. In realtà il welfare riguarda tutta la vita lavorativa, perché nella vita lavorativa si formano o si disfano le famiglie, e si hanno figli e c’è la difficoltà per esempio di conciliare la vita di lavoro con la vita familiare per le donne. Ma c’è anche tutto il prima: il welfare, quindi, lo dobbiamo vedere legato al concetto di vita intera. Che colpa ha un bambino se nasce in una famiglia che, essendo povera, non gli dà la giusta alimentazione o che non dà importanza alla scuola? Allora il compito del welfare dello Stato sociale è di cominciare a ridurre le disparità dall’inizio”.
Il seminario su lavoro e pensioni ha fatto seguito a quello su “Donne e sicurezza sul lavoro: i numeri degli infortuni e delle malattie professionali", che ha visto la partecipazione della Ministra del Lavoro e delle politiche sociali Marina Calderone e gli interventi di Giovanna Spatari, Presidente della Società italiana di medicina del lavoro e di Paolo Pennesi, direttore dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.
Redazione sintony.it