Una sentenza destinata a fare giurisprudenza. La Corte ha stabilito che è nell’interesse del minore vedersi riconosciuto come figlio non solo della madre biologica, che lo ha partorito, ma anche della madre intenzionale, con la quale ha condiviso un percorso di cura e responsabilità. Un principio che rafforza il diritto del bambino a mantenere un legame affettivo e giuridico con entrambe le figure genitoriali, anche in assenza di legami biologici o di unione eterosessuale.
La pronuncia si inserisce nel quadro di un progressivo riconoscimento delle famiglie omogenitoriali, con particolare riferimento a quelle formate da due donne. Il verdetto richiama non solo gli articoli 315-bis e 337-ter del Codice Civile, che garantiscono il diritto del minore alla bigenitorialità, ma anche una serie di strumenti internazionali e dell’Unione europea che pongono il superiore interesse del minore al centro della tutela giuridica.
La Corte si è espressa anche in merito al congedo parentale, sottolineando l’importanza di permettere a entrambi i genitori di dedicare tempo adeguato alla cura del bambino, anche attraverso una modulazione dei tempi di lavoro. Questo principio – afferma la Corte – deve valere indipendentemente dal sesso dei genitori e dalla composizione della coppia, in un’ottica di valorizzazione funzionale della genitorialità.
In questa prospettiva, è possibile individuare nelle coppie omogenitoriali femminili una figura che svolge un ruolo analogo a quello paterno nelle famiglie eterosessuali, superando così la rigida dicotomia madre-padre in favore di una visione più concreta e centrata sul benessere del minore.
La sentenza è stata accolta con favore da numerose associazioni per i diritti civili e dell’infanzia, che ne sottolineano il valore innovativo e inclusivo.
Ma non sono mancate le critiche. In particolare, Pro Vita & Famiglia Onlus ha espresso un giudizio durissimo:
“È la più chiara ed evidente dimostrazione di quanto ridicolo e allo stesso tempo drammatico sia l’impatto delle follie Gender sull’ordinamento giuridico e sociale italiano”, ha dichiarato Jacopo Coghe, portavoce dell’associazione.
Una posizione che mette in luce la profonda polarizzazione del dibattito pubblico sul tema della genitorialità omosessuale e dei diritti dei bambini in contesti non tradizionali.
Il principio guida, sottolineano i giudici, resta l’interesse del minore, al di là di schemi predefiniti e ruoli codificati dal genere.
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