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9 Giugno 2025

Referendum 2025, affluenza ferma al 28%: non passa nessuno dei quesiti su lavoro e cittadinanza

Quorum mancato: bocciati i cinque referendum abrogativi. Le leggi sul Jobs Act, gli appalti e la cittadinanza restano in vigore. Il fronte del No esulta, tra astensione e calcolo politico

Tutto come previsto: i referendum abrogativi su lavoro e cittadinanza non passano. L'affluenza si è fermata al 28%, ben lontana dal quorum richiesto del 50% + 1 degli aventi diritto. Il risultato, a seggi chiusi, è chiaro: nessuno dei cinque quesiti sottoposti agli elettori tra l’8 e il 9 giugno avrà effetto giuridico. Le norme contestate – dal Jobs Act alla legge sulla cittadinanza – resteranno in vigore.

I primi segnali di un flop si erano già avuti nella serata di ieri, quando il sito del Viminale Eligendo aveva registrato un’affluenza del 22,7% alla fine della prima giornata elettorale. Percentuali basse anche nelle rilevazioni parziali: 7,4% alle 12, 16% alle 19. Difficile, se non impossibile, colmare il divario con il quorum nella sola mattinata di domenica. E così è stato.

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Come prevede l’articolo 75 della Costituzione, il referendum abrogativo è valido solo se partecipa alla consultazione la maggioranza assoluta degli elettori. Al di sotto di quella soglia, il risultato – anche in caso di vittoria schiacciante del Sì – viene annullato. Di conseguenza, nessuna modifica legislativa sarà apportata.

Il voto riguardava temi centrali nel dibattito politico: le norme sui contratti a tutele crescenti, le responsabilità solidali negli appalti, e la revisione dei requisiti per la cittadinanza. Tuttavia, l’interesse dei cittadini è rimasto tiepido. I sondaggi delle scorse settimane avevano già evidenziato un rischio astensione, con stime di partecipazione tra il 32% e il 36%, e solo i più ottimisti che parlavano di un 38%. Nessuno aveva mai realmente previsto il superamento del quorum.

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Il mancato raggiungimento del quorum rappresenta di fatto una vittoria per il fronte del No, composto in larga parte dai partiti di maggioranza. L’indicazione era chiara: non andare a votare, per impedire alla consultazione di produrre effetti giuridici. Una tattica già sperimentata con successo in altre occasioni, che ha pagato anche stavolta.

Simbolico, in questo senso, il gesto della premier Giorgia Meloni, che si è presentata al seggio ma ha scelto di non ritirare le schede, evitando così di essere conteggiata tra i votanti. Una scelta politica che ha confermato la linea dell’esecutivo: svuotare le urne per svuotare di significato i referendum.

 

Il risultato non lascia spazio a interpretazioni: nessuna delle leggi sottoposte a giudizio popolare sarà modificata.

 

 

@Redazione Sintony News