Un biglietto di scuse alla famiglia, un'assunzione di responsabilità per le accuse che lo avevano portato in carcere e, poi, il gesto estremo. Sandro Arzu, l’ex latitante di Arzana arrestato lo scorso 26 maggio con l'accusa di aver partecipato all’omicidio di Beniamino Marongiu, si è tolto la vita nella notte tra l’8 e il 9 giugno nella sua cella del carcere di Uta, dove si trovava in regime di isolamento.
Secondo le prime ricostruzioni, Arzu si sarebbe impiccato. Gli agenti penitenziari, accortisi della tragedia, hanno immediatamente dato l’allarme e richiesto l’intervento del medico di turno. Ogni tentativo di rianimarlo è risultato però vano. La salma è stata trasferita all’ospedale Brotzu di Cagliari, dove verrà eseguita l’autopsia nelle prossime ore.
Nel biglietto ritrovato nella cella, Arzu avrebbe chiesto perdono ai suoi familiari per il dolore causato e avrebbe ammesso la propria responsabilità per i fatti che, due settimane fa, avevano portato all’arresto suo, dei fratelli Sergio e Roberto, del nipote Gianluca e di Pier Giorgio Piras, giovane anch’egli originario di Arzana.
L'inchiesta della Procura ruota attorno all’omicidio di Beniamino Marongiu – noto come Mino – assassinato ad Arzana il 9 luglio 2023. Un delitto che, secondo gli inquirenti, avrebbe radici profonde nei contrasti personali e familiari nel paese ogliastrino. Sandro Arzu era considerato uno degli attori principali dell’agguato.
Lo scorso giovedì, nello stesso istituto penitenziario di Uta, erano stati trasferiti anche il fratello Sergio e il nipote Gianluca, mentre Roberto Arzu, padre di Gianluca, si trova attualmente nel carcere di Bancali. Per tutti e quattro – accusati in concorso con Sandro Arzu dell’omicidio di Marongiu – i rispettivi legali hanno già presentato istanza al Tribunale del Riesame, la cui udienza è stata fissata per giovedì prossimo.
A difendere gli imputati sono gli avvocati Rita Dedola e Francesco Marongiu per Roberto Arzu, lo stesso Marongiu per Sergio Arzu, Pierluigi Concas per Gianluca Arzu e Pamela Piras insieme a Fabrizio Demurtas per Pier Giorgio Piras.
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