È diventato legge il nuovo decreto Sicurezza, approvato tra le proteste delle opposizioni parlamentari e di numerose associazioni della società civile. Tra le novità più controverse contenute nel provvedimento c’è la stretta durissima sulla cannabis light, che viene di fatto equiparata, in termini sanzionatori, alle sostanze stupefacenti tradizionali.
Nonostante non abbia alcun effetto psicotropo noto, la canapa con basso contenuto di THC (la cosiddetta cannabis light) diventa illegale in quasi tutte le sue forme: sarà vietata la vendita, l’acquisto, il consumo e perfino la spedizione delle infiorescenze, anche se essiccate o tritate, e anche se contenute in oli, estratti, tisane o resine.
Il decreto impone il divieto per importazione, cessione, lavorazione, distribuzione, commercio, trasporto, invio, spedizione e consegna delle infiorescenze della canapa light. Ciò significa che il prodotto, fino a oggi venduto liberamente in negozi specializzati, non potrà più essere acquistato né detenuto, nemmeno per uso personale.
Le uniche eccezioni riguardano: la filiera industriale, per scopi tessili, cosmetici, edilizi o simili e la produzione agricola dei semi, purché destinati agli usi consentiti.
Con un passaggio chiave, il decreto modifica inoltre la legge del 2016 che promuoveva la canapa industriale, specificando che questa norma si applica solo alla filiera produttiva a fini industriali, e non ad altri tipi di utilizzo.
Secondo il testo approvato, l’obiettivo è prevenire "alterazioni dello stato psicofisico" che, anche in presenza di prodotti con THC sotto lo 0,2%, potrebbero comunque mettere a rischio la sicurezza pubblica o stradale. Una motivazione che molte realtà del settore e associazioni scientifiche contestano, sottolineando che la cannabis light non produce effetti stupefacenti e non presenta rischi sanitari noti.
La parte più dura della nuova legge riguarda le sanzioni, che vengono direttamente agganciate a quelle previste per gli stupefacenti.
Chiunque venga trovato a violare i divieti rischia da 6 a 20 anni di carcere e una multa da 26.000 a 260.000 euro, in base all’art. 73 del Testo Unico sugli stupefacenti.
Nei casi di lieve entità, le pene possono essere ridotte, ma il reato resta penale. Le stesse norme si applicano anche a chi agevola il consumo, a chi ne fa uso personale (che potrà subire, ad esempio, il ritiro della patente per 3 anni) o a chi compra online o spedisce cannabis light.
Le aggravanti sono molto pesanti: le pene aumentano se il fatto avviene nei pressi di scuole, ospedali, carceri, o se coinvolge minorenni.
Con questa legge, l’intero comparto della cannabis light – che in Italia coinvolgeva centinaia di aziende agricole, esercizi commerciali e migliaia di lavoratori – rischia di essere smantellato. Secondo le associazioni di categoria, si tratta di un attacco a un settore legale, regolato e in espansione, che aveva dimostrato di generare valore economico senza incidere sulla salute pubblica.
L’opposizione ha parlato di una “scelta ideologica e repressiva”, mentre molte associazioni hanno già annunciato ricorsi e iniziative legali. Anche giuristi ed esperti di diritto segnalano profili di incostituzionalità, soprattutto per la sproporzione tra la pericolosità della sostanza e la durezza delle sanzioni.
@Redazione Sintony News