Nel cuore dell’estate del 2007, l’Italia veniva sconvolta dall’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco, un delitto brutale consumatosi tra le mura domestiche e destinato a dividere per anni opinione pubblica, inquirenti e giudici. Oggi, a quasi 18 anni di distanza, quella storia che sembrava conclusa torna a far parlare di sé: Alberto Stasi, ex fidanzato della vittima e condannato in via definitiva nel 2015, ha ottenuto la semilibertà dopo aver trascorso dieci anni in carcere. Ma soprattutto, un nuovo capitolo potrebbe riaprirsi con le indagini genetiche ordinate dalla Procura di Pavia su nuove tracce emerse sulla scena del crimine.
L’unico nuovo indagato è Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara. Una svolta inattesa che rimette in discussione ciò che la giustizia italiana aveva già stabilito: che Stasi fosse l’unico colpevole. Eppure, dopo due assoluzioni, una condanna, e un decennio dietro le sbarre, si affaccia la possibilità che tutto fosse un errore.
Dal 28 aprile 2025, Alberto Stasi, oggi 41enne, lascia ogni mattina il carcere di Bollate per svolgere attività lavorative, per poi farvi ritorno ogni sera. Un nuovo equilibrio, ancora sotto il peso di una condanna che, per quanto definitiva, potrebbe essere rimessa in discussione da elementi nuovi.
E qui, inevitabile, torna alla mente il caso di Beniamino Zuncheddu, pastore sardo condannato all’ergastolo per una strage che non ha mai commesso. Dopo 33 anni di carcere e una vita spezzata, è stato assolto nel 2024 grazie a una clamorosa revisione del processo. Il parallelo con Stasi è inquietante: se le nuove indagini dovessero portare a una revisione e a un’assoluzione, saremmo di fronte a un altro simbolo di giustizia fallita, forse ancora più eclatante.
"Quando la giustizia arriva a una condanna definitiva dopo due assoluzioni, e oggi si parla di riaprire il caso, vuol dire che una delle due verità è sbagliata. O forse tutte", ha dichiarato l’avvocato Giandomenico Caiazza, già difensore di Enzo Tortora. E proprio con Tortora si confronta oggi la figura di Stasi. Ma se nel caso del conduttore la giustizia si fermò prima della condanna definitiva, qui siamo ben oltre. Un'eventuale assoluzione, dunque, sancirebbe un vero errore giudiziario, con tutte le sue conseguenze giuridiche, morali ed economiche.
Un errore giudiziario non è solo una tragedia umana. È anche una ferita per lo Stato. Se Alberto Stasi dovesse essere riconosciuto innocente in sede di revisione, lo Stato potrebbe essere chiamato a versargli un risarcimento milionario:
Un totale teorico di circa 6,5 milioni di euro. Una cifra alta, ma non senza precedenti. Secondo i dati raccolti da errorigiudiziari.com, tra ingiuste detenzioni ed errori giudiziari lo Stato italiano ha speso quasi un miliardo di euro dal 1991 al 2024. Ogni anno, in media, 29 milioni di euro vengono destinati a riparare decisioni errate. E i veri errori giudiziari – come quello che potrebbe profilarsi per Stasi – sono 222, con un costo medio di 385mila euro per caso, ma con picchi ben superiori.
Il punto non è solo quanto costi l’errore, ma quanto danneggi la credibilità della giustizia. Per Caiazza, "la riapertura del caso Garlasco dimostra una contraddizione profonda: è la giustizia che sconfessa sé stessa". Una giustizia che ha condannato un uomo dopo averlo assolto due volte, e che oggi ammette implicitamente di poter aver sbagliato.
Nel frattempo, la madre di Chiara Poggi resta ferma: "Per noi vale la sentenza della Cassazione", ha detto. E come darle torto? Ma anche la ricerca della verità non può fermarsi, neppure dopo anni. Non può farlo per Stasi, se davvero innocente. E non può farlo per tutti i cittadini che credono in un sistema che, pur fallibile, deve avere il coraggio di correggersi.
Il caso Stasi è una lente d’ingrandimento su un fenomeno ben più vasto. Come quello di Beniamino Zuncheddu, che ha perso l’intera età adulta in una cella per un crimine che non ha mai commesso.
@Redazione Sintony News