Una sentenza destinata a segnare un punto di svolta nella storia dei diritti civili in Italia. La Corte Costituzionale ha stabilito che è illegittimo vietare alla madre intenzionale – cioè colei che ha partecipato alla scelta di avere un figlio tramite procreazione medicalmente assistita (PMA) all’estero, ma non ha partorito – di riconoscere come proprio il bambino nato in Italia.
Una decisione che fa cadere una delle barriere più dure nella tutela delle famiglie omogenitoriali e che restituisce dignità a centinaia di bambini finora invisibili agli occhi della legge.
Il caso arriva dal Tribunale di Lucca, che ha sollevato la questione di legittimità sull’articolo 8 della legge 40 del 2004. Secondo i giudici della Consulta, non riconoscere lo status di figlio anche alla madre intenzionale viola almeno tre articoli della Costituzione italiana: Articolo 2, per la lesione dell’identità personale del minore; Articolo 3, per l’irragionevolezza della discriminazione tra figli di coppie eterosessuali e omogenitoriali; Articolo 30, perché si negano al bambino i diritti e i doveri derivanti dalla responsabilità genitoriale di entrambe le madri.
La Corte sottolinea come il diritto del minore a una genitorialità chiara e stabile non possa essere ostacolato da meri formalismi. Una coppia che decide consapevolmente di ricorrere alla PMA prende un impegno condiviso verso la vita nascente, da cui nessuno dei due genitori può sottrarsi.
Dietro questa sentenza, ci sono anche le storie di famiglie reali. Come quella di Glenda e Isabella, mamme di due bambini nati da PMA. La loro seconda figlia, nata in Italia dopo l’entrata in vigore della circolare del ministro Piantedosi (che vietava ai sindaci di trascrivere gli atti di nascita con due madri), non era stata riconosciuta come figlia di entrambe.
“È stato un calvario – racconta Isabella – anche per motivi pratici e legali: dal pronto soccorso alla scuola, ogni situazione poteva trasformarsi in un problema, perché io non risultavo madre della mia bambina”. Oggi, però, le due donne festeggiano una vittoria storica: “Siamo emozionate, felici. Questa sentenza cambia la vita a noi e a tanti altri genitori come noi”.
Non si è fatta attendere la reazione della politica. Per Alessandra Maiorino (M5S), è una “vittoria delle famiglie arcobaleno contro una politica reazionaria che ha cercato di rendere invisibili i figli nati da due madri. Non si può stabilire per legge che un bambino debba essere orfano solo perché ha due mamme”.
Dello stesso tenore il commento dell’europarlamentare Alessandro Zan (Pd): “Finalmente giustizia per bambini finora trattati come figli di serie B. La Corte smonta la crociata ideologica contro le famiglie arcobaleno: è incostituzionale negare la genitorialità alla madre intenzionale”.
Anche l’ex sindaca di Torino, Chiara Appendino, che nel 2018 fu la prima a trascrivere in Italia un atto di nascita con due madri, ha celebrato la decisione: “Da oggi tanti bambini sono più tutelati e tante madri hanno finalmente diritti e doveri nei confronti dei propri figli. Lo dicevano il buon senso e l’etica. Ora lo dice anche la Corte”.
Dalla Sardegna, il sindaco di Cagliari Massimo Zedda annuncia l’intenzione del Comune di adeguarsi alla sentenza, garantendo alle coppie omogenitoriali la corretta iscrizione nei registri dello stato civile. “La politica può e deve intervenire. Durante il mio primo mandato ci siamo sempre schierati dalla parte dei diritti e continueremo a farlo”.
La Consulta ha affrontato anche un’altra spinosa questione: il divieto per le donne single di accedere alla PMA in Italia. In questo caso, i giudici hanno stabilito che il divieto non è irragionevole, ma hanno anche precisato che un’eventuale estensione del diritto non sarebbe incostituzionale, lasciando la porta aperta a future evoluzioni legislative.
La sentenza della Corte Costituzionale non cambia solo le carte legali, ma segna un passaggio culturale importante. In un paese spesso diviso sui temi dei diritti civili, oggi si fa un passo concreto per proteggere l’infanzia e riconoscere l’amore come fondamento della genitorialità, al di là della biologia e dei dogmi ideologici.
È una sentenza che non guarda alle famiglie arcobaleno come eccezione, ma come parte integrante della società italiana. Una società che, almeno oggi, è diventata un po’ più giusta.
@Redazione Sintony News