Il suo impegno nella difesa dei diritti umani l’ha resa una delle figure più rispettate nel panorama giuridico internazionale. Ma ora, per Amal Alamuddin Clooney, 47 anni, avvocata britannica di origini libanesi e moglie dell’attore George Clooney, quell’impegno potrebbe trasformarsi in un boomerang politico e personale.
Secondo quanto riferito dal Ministero degli Esteri britannico, la celebre legale – insieme ad altri esperti di diritto internazionale – potrebbe essere soggetta a sanzioni da parte degli Stati Uniti, tra cui un divieto d’ingresso nel Paese e perfino il congelamento dei suoi conti bancari. Il motivo? Il suo ruolo centrale nel team giuridico che ha contribuito a far emettere dalla Corte penale internazionale (CPI) un mandato d’arresto per crimini di guerra e crimini contro l’umanità contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, per fatti accaduti tra l’8 ottobre 2023 e il 20 maggio 2024.
Il coinvolgimento di Amal Clooney è stato ufficiale e diretto. Come consulente speciale della CPI, ha lavorato sulle indagini relative al conflitto israelo-palestinese, sostenendo l'accusa non solo nei confronti della leadership israeliana, ma anche verso i vertici di Hamas: Yahya Sinwar, Ismail Haniyeh e Mohammad Deif. La sua attività è stata formalmente riconosciuta e ringraziata dalla Corte dell’Aja.
Il caso, già di enorme risonanza internazionale, ha assunto contorni ancora più delicati per via della ferma opposizione di Israele, che respinge le accuse come "offensive e infondate", e del sostegno espresso apertamente dagli Stati Uniti, che hanno criticato con durezza le mosse della Corte.
Tra gli altri giuristi britannici sotto osservazione da parte di Washington figurano nomi illustri come l’ex giudice Adrian Fulford, la parlamentare laburista Baronessa Helena Kennedy e l’avvocato Danny Friedman dello studio Matrix Chambers. Tuttavia, è soprattutto la figura di Amal Clooney ad attirare l'attenzione mediatica e politica, anche per via della sua visibilità globale e del ruolo costante che ha avuto in altri casi di giustizia internazionale.
In una dichiarazione pubblicata dalla sua Clooney Foundation for Justice, l’avvocata ha spiegato perché ha scelto di partecipare alle indagini: "Ho fatto parte di questo gruppo perché credo nello stato di diritto e nella necessità di proteggere le vite dei civili. La legge che protegge i civili in guerra è stata elaborata più di 100 anni fa e si applica in ogni Paese del mondo, indipendentemente dalle ragioni del conflitto".
Clooney ha anche risposto alle critiche ricevute inizialmente per non essersi espressa pubblicamente sulla guerra a Gaza, affermando: "Non accetterò mai che la vita di un bambino abbia meno valore di quella di un altro. Non accetto che un conflitto sia al di fuori della portata della legge, né che un colpevole sia al di sopra della legge".
Dopo la decisione della Corte penale internazionale, l’avvocata ha definito il mandato d’arresto "una pietra miliare nella storia del diritto penale internazionale", precisando però che si tratta "solo di un primo passo". Ha quindi auspicato il proseguimento delle indagini, soprattutto rispetto "agli ingenti danni subiti dai civili a Gaza e alle prove di violenza sessuale commesse contro israeliani il 7 ottobre".
@Redazione Sintony News