È morto Graziano Mesina, 83 anni, storico protagonista del banditismo sardo. Si è spento nel reparto penitenziario dell’ospedale San Paolo di Milano, dove era ricoverato da settimane in condizioni ormai disperate a causa di una grave malattia oncologica in fase terminale. L’ex latitante, simbolo controverso di un’epoca fatta di sequestri, fughe e processi, era detenuto da due anni nel carcere di Opera.
La notizia della sua morte chiude un capitolo lungo e drammatico della storia criminale italiana. Una parabola iniziata a Orgosolo, nel cuore della Barbagia, e segnata da fughe spettacolari, condanne pesantissime, grazia presidenziale e infine una nuova condanna definitiva per traffico internazionale di droga che lo aveva riportato in cella nel 2021, dopo una lunga latitanza.
Mesina, che si era sempre professato innocente nell’ultimo processo, aveva visto rigettare per ben sette volte le richieste di differimento pena per motivi di salute, avanzate dalle sue legali, Beatrice Goddi e Maria Luisa Vernier. Le condizioni dell’ex bandito erano peggiorate negli ultimi mesi: non parlava più, non camminava, faticava a nutrirsi e a riconoscere le persone. Eppure, per la giustizia, restava «attualmente pericoloso».
Mesina era nato il 4 aprile 1942. Divenne noto già negli anni ’60, quando fu arrestato per un omicidio commesso a soli 14 anni. La sua carriera criminale lo avrebbe reso uno dei nomi più famosi del banditismo sardo: protagonista di 17 evasioni, coinvolto in decine di sequestri di persona, diventò un’icona – per alcuni un eroe popolare, per altri un criminale incallito.
Nel 2004 era stato graziato dall’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, ma la sua parabola si era chiusa nuovamente con la giustizia: prima latitante, poi arrestato, infine condannato.
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