La decisione del Parlamento iraniano di richiedere una modifica al controverso disegno di legge sulla castità e sull'hijab rappresenta un segnale significativo nel contesto di un dibattito sempre più acceso sul ruolo delle norme religiose nella vita pubblica in Iran.
Dal 1979, l'obbligo del velo per le donne è una delle fondamenta ideologiche della Repubblica islamica. Tuttavia, le proteste successive alla morte di Mahsa Amini hanno intensificato le critiche, con molte donne che scelgono apertamente di non rispettare il codice di abbigliamento.
La nuova legge, ancora non ufficialmente pubblicata, avrebbe inasprito le restrizioni, introducendo pene severe, comprese multe elevate e carcere fino a 10 anni per chi viola le norme o le promuove pubblicamente.
Shahram Dabiri, vicepresidente per gli Affari parlamentari, ha confermato che il Parlamento ha chiesto un emendamento al testo, in risposta a critiche crescenti. Tuttavia, non è chiaro quali parti della legge saranno riviste.
Anche il presidente iraniano Massoud Pezeshkian ha espresso dubbi sulla necessità e la pertinenza di nuove norme più severe, suggerendo una crescente divisione tra i vertici del potere.
La richiesta di modifiche potrebbe indicare una risposta alle crescenti pressioni interne e internazionali: le proteste hanno evidenziato una società sempre più insofferente verso le imposizioni ideologiche. E un tentativo di allentare le tensioni senza rinunciare ai principi fondamentali: modifiche superficiali potrebbero essere usate per guadagnare tempo o calmare le critiche senza apportare reali cambiamenti.
Un aspetto chiave del disegno di legge è l'imposizione di pesanti sanzioni, non solo per chi viola le regole, ma anche per le aziende che non garantiscono il rispetto delle norme. Questa misura potrebbe avere effetti economici e sociali significativi, aumentando le tensioni.
@Redazione Sintony News