Un gregge di pecore sta aiutando gli archeologi a salvaguardare le rovine di Pompei.
Da quando sono iniziati gli scavi, 250 anni fa, solo due terzi dei 66 ettari della città sepolta sotto la cenere dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C sono stati riportati alla luce. Preservare l’antica Pompei dall'erosione degli agenti atmosferici e del tempo è una priorità per chi gestisce il sito archeologico.
Prendendo in considerazione un'iniziativa di agricoltura sostenibile, la sezione ancora inesplorata della Regio V, una vasta area a nord del sito, in cui le colline erbose si affacciano su case e botteghe, è stata aperta al pascolo di 150 pecore per prevenire la crescita della vegetazione.
Il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Reuters Gabriel Zuchtriegel ha spiegato: "La vegetazione è bellissima, ma può anche essere un problema per le rovine. Se l'erba e altre piante crescono all'interno o sulle antiche mura e case. Quindi cerchiamo di avere un approccio sostenibile all'intero ambiente, anche per evitare di usare sostanze che impediscano alle piante di crescere sui muri e sulle rovine".
L'iniziativa, dice Zuchtriegel, da un lato rappresenta un risparmio ingente di denaro nella gestione del sito e, dall’altro, da la possibilità di offrire ai milioni di visitatori che ogni anno si recano a Pompei, un’idea di come fosse il luogo all’epoca della sua riscoperta: “C'erano boschi, vigneti, pecore, un ambiente rurale e in mezzo a questo c'era Pompei".
L’idea è finalizzata ad attirare ancora più turisti nell'area e far rivivere gli antichi vigneti ricchi di storia.
Per quanto riguarda i visitatori, il direttore del Parco sostiene che molti reagiscono positivamente all’opportunità di vedere, accanto agli scavi, questa parte di tradizione paesaggistica a rischio scomparsa.
Alessandro Paolo Porrà