Il Tribunale Civile di Roma ha accolto il ricorso di una coppia di mamme, una legale e una adottiva, nato da un equivoco di genere in cui le due sono venute a trovarsi. Quando le due si sono presentate in Comune per richiedere il documento di identità della figlia è stato detto loro che serviva la scritta ‘padre e madre o chi ne fa le veci’, secondo quanto stabilito nel 2019 da un decreto dell'allora Ministro dell'Interno Matteo Salvini.
Tuttavia, il Tribunale ha dato ragione alle donne: la corretta dicitura da apporre nel documento dei minori è quella di "genitore", decisamente più neutra e meno problematica rispetto a "padre" e "madre". L'ordinanza del Tribunale ordinario risale al 9 settembre scorso e non è stata impugnata dal Ministero dell'Interno. Intanto, fonti da Palazzo Chigi fanno sapere che il Governo esaminerà attentamente la decisione, che "mette a rischio il sistema di identificazione personale".
Non sono mancate le reazioni delle parti politiche, a cominciare dallo stesso Matteo Salvini, che sui social ha commentato contrariato: "Illegali o discriminanti le parole mamma e papà? Non ho parole, ma davvero". Agguerrita anche la deputata di FdI, Carolina Varchi: "Fratelli d'Italia contrasterà questa deriva e si batterà in Parlamento per difendere la famiglia tradizionale composta da madre e padre".
Viceversa, il portavoce del Partito Gay LGBT+, Fabrizio Marrazzo, chiede sanzioni per gli ex ministri dell'Interno Salvini e Lamorgese: "La circolare Padre e Madre, che Salvini fece nel 2019 per vietare ai figli delle coppie LGBT+ di avere i nomi di entrambi i padri o le madri sui propri documenti ha causato un danno ai minori, ad esempio a scuola, negli ospedali, alle frontiere e in molti altri casi dove veniva riconosciuto un solo genitore. Non si può fare politica sulla pelle delle persone, creando danni senza mai avere alcuna sanzione".
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