Anche chi esercita la prostituzione, oggi, non può più non pagare le tasse. Tutto nasce dall’introduzione del nuovo codice Ateco 96.99.92, attivo dallo scorso 1 aprile, che porta per la prima volta escort, agenzie di incontri e persino organizzatori di eventi legati al sesso a pagamento nel mondo ufficiale delle statistiche economiche e del fisco.
Il codice Ateco — acronimo di "ATtività ECOnomiche" — è il sistema che classifica le attività economiche in Italia, utilizzato da Istat, Agenzia delle Entrate e Camere di Commercio. Con l’entrata in vigore della classificazione Ateco 2025, anche i cosiddetti “lavoratori del sesso” vengono ora esplicitamente identificati, non più sotto l’ombrello generico dei “servizi alla persona non classificati”, ma con una categoria specifica: “Servizi di incontro ed eventi simili”.
Questa nuova categoria include una serie di attività: escort, agenzie matrimoniali, agenzie di incontri, organizzazione di eventi di prostituzione, persino la gestione di locali a luci rosse. Una classificazione che ha subito acceso un dibattito rovente tra leggi fiscali e norme penali.
L’Istat ha precisato che la classificazione riguarda “solo operatori che svolgono attività legali”, ma qui nasce il primo paradosso: la prostituzione in Italia non è reato, ma favorirla o trarne profitto lo è. È quanto ricorda l’avvocata Maddalena Claudia Del Re, esperta in diritto penale:
“Attualmente è vietata ogni forma di sfruttamento, induzione e favoreggiamento della prostituzione. La legge Merlin del 1958 è ancora in vigore e punisce queste condotte con fino a sei anni di carcere”.
Il problema è chiaro: se il fisco riconosce e tassa queste attività, come si concilia ciò con una norma penale che vieta qualsiasi forma di organizzazione legata al sesso a pagamento? Il Codacons parla apertamente di “corto circuito fiscale”, mentre la senatrice Alessandra Maiorino (M5S) si dice indignata:
“È grave che si vada a regolarizzare fiscalmente l’organizzazione di servizi sessuali. La prostituzione non è reato, ma lo sono il favoreggiamento e lo sfruttamento”.
Al di là delle controversie legali, l’obiettivo fiscale è evidente: incassare. L’Istat nel 2022 stimava il giro d’affari della prostituzione in Italia in 4,7 miliardi di euro, in crescita del 4% rispetto all’anno precedente. Se tutte le attività coinvolte fossero regolarizzate, il gettito Irpef e Iva potrebbe rappresentare una voce consistente nelle casse dello Stato.
Un altro punto delicato riguarda la differenza tra rappresentanza e attività sessuale. L’attività di un’escort che accompagna un cliente a un evento pubblico è perfettamente legale, ma chi stabilisce che dopo quell’incontro non avvenga anche un rapporto sessuale? E, se ciò avvenisse, è possibile distinguere tra libera prestazione e sfruttamento? Il diritto, oggi, ha ancora difficoltà a rispondere.
Il caso riaccende il dibattito su una possibile revisione della legge Merlin, spesso considerata anacronistica. Il vicepremier Matteo Salvini, nelle scorse settimane, ha rilanciato l’idea della riapertura delle case chiuse, riaccendendo una polemica che divide da decenni politica, società civile e opinione pubblica.
Nel frattempo, tra contraddizioni normative e innovazioni fiscali, resta attuale — e ironicamente amara — la massima attribuita a Benjamin Franklin: “Nella vita ci sono solo due certezze: la morte e le tasse”. E da oggi, anche per chi lavora col corpo, la seconda è più concreta che mai.
@Redazione Sintony News