La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il sottosegretario Alfredo Mantovano sono indagati dalla Procura di Roma per favoreggiamento e peculato in merito al rimpatrio di Almasri, generale libico.
Almasri, capo della Polizia giudiziaria di Tripoli, è stato rimpatriato immediatamente dopo essere stato liberato in Italia, nonostante un mandato di arresto internazionale emesso dalla Corte Penale Internazionale (CPI). Il governo italiano ha sostenuto che la decisione fosse necessaria per ragioni di sicurezza nazionale.
Meloni ha attaccato i giudici dell’Aja, sostenendo che la richiesta di arresto non sia stata comunicata al ministero della Giustizia secondo le modalità previste dalla legge italiana. Tuttavia, la CPI ha smentito questa affermazione.
L’espulsione immediata di Almasri e l’utilizzo di risorse pubbliche per il suo rimpatrio hanno sollevato dubbi di legittimità, aprendo la strada all’indagine.
La vicenda del rimpatrio del generale libico Almasri, che ha portato all’indagine su Giorgia Meloni e altri esponenti del governo, si sta configurando come un evento politico e giudiziario di grande risonanza.
Giorgia Meloni ha definito le accuse poco credibili e si è mostrata determinata a proseguire il suo lavoro senza farsi intimidire. E ha accusato l’avvocato Luigi Li Gotti, autore della denuncia, di essere strumentalizzato politicamente.
Dal centrodestra sono arrivate le difese di Antonio Tajani che ha parlato di una possibile ritorsione contro il governo per le riforme sulla giustizia. E di Matteo Salvini che ha attaccato duramente la Procura, chiedendo una riforma immediata della giustizia.
Mentre dall’opposizione Matteo Renzi ha criticato l’operazione politicamente ma ha mantenuto una posizione garantista sul piano giudiziario. Carlo Calenda ha parlato di disastro politico del governo, ma ha definito "surreale" l’indagine su Meloni.
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