Nel panorama gastronomico contemporaneo, andare al ristorante non significa più soltanto mangiare, ma vivere un’esperienza sensoriale e culturale. E così, anche i piatti della tradizione, quelli che evocano ricordi familiari e comfort food, vengono reinterpretati in chiave gourmet. È il caso della carbonara, emblema della cucina romana, che a Milano è diventata protagonista di una discussa (e costosa) proposta stellata: La Carbondoro, servita al prezzo di 70 euro.
A lanciare la rivisitazione è stato Emin Haziri, chef di origini kosovare alla guida del ristorante Procaccini Milano, inserito nella Guida Michelin Italia 2025. Il locale, situato nell’omonima via milanese, offre un menù che spazia tra tradizione e innovazione, con degustazioni che arrivano fino a 165 euro. Ma è proprio la Carbondoro, una reinterpretazione raffinata della carbonara, ad aver catturato l’attenzione (e la curiosità) del pubblico.
Perché un piatto così semplice arriva a costare 70 euro? La risposta sta nella qualità eccelsa delle materie prime e nel lungo lavoro di studio e sperimentazione che ha preceduto la sua creazione. La pasta proviene dal Pastificio Graziano di Avellino, il guanciale è Cinco Jotas, uno dei migliori al mondo ottenuto da suini iberici, mentre il pecorino utilizzato è stagionato 30 mesi.
A impreziosire ulteriormente il piatto, ci sono pistilli di zafferano, 10 grammi di caviale pregiato e tre foglie d’oro, che trasformano la tradizionale carbonara in una vera e propria esperienza di lusso.
Lo chef Haziri, che in passato ha lavorato accanto a nomi del calibro di Cannavacciuolo (ottenendo due stelle Michelin durante la sua esperienza torinese), difende con fermezza la sua creazione: “Non è una carbonara cara, è un piatto che racconta un viaggio, un’idea, una visione della cucina italiana fatta di eccellenza e rispetto per la materia prima. Chi lo ordina non paga solo gli ingredienti, ma anche il pensiero e il lavoro che ci sono dietro”.
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