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18 Novembre 2020

Le scarpe di Lidl non c'entrano nulla col Covid

Alla base dello straordinario successo vi è, banalmente, il principio di scarsità.

Dopo l'enorme successo riscosso in Germania, Finlandia, Belgio e Gran Bretagna, ora anche nel nostro bel Paese è arrivata la linea di abbigliamento firmata Lidl: scarpe, calze, e persino ciabatte sono andate letteralmente a ruba.

Moda, questa, che ha realmente valicato i confini, e nel nostro caso con ancora più forza: il colosso tedesco dei supermercati Lidl, grazie ad una riuscitissima operazione di marketing, anche da noi è riuscito a far diventare dei veri e propri oggetti del desiderio calzini, magliette, ciabatte e soprattutto scarpe con il logo del supermercato.

Qual è il segreto? Il prezzo, evidentemente basso, pari a 12,99 euro? 

La necessità di acquisto a basso costo in tempo di pandemia?

O, più semplicemente, la voglia di rivendere il tutto su ebay ad un prezzo più che maggiorato?

Non si tratta di questo: o meglio, non solo di questo.

In questo caso vale più che altro il principio della scarsità, elemento da sempre molto caro alle operazioni di marketing: creare un senso d’urgenza, di bisogno, per spingere i consumatori all'acquisto del prodotto prima che diventi introvabile.

In poco tempo la domanda (molto alta) ha superato l'offerta (pressoché bassa); il fenomeno ha generato un repentino passaparola dei clienti; il prezzo è salito ed il pubblico ha percepito la linea di “streetwear” come un qualcosa di premium, a tal punto da dare vita al fenomeno del reselling online. Detto, fatto.

Secondo il professore di Sociologia Alfondo Amendola, dietro l'incredibile (e a tratti inspiegabile) successo di questi indumenti vi è “l’ossessione comunicativa, emozionale e relazionale che in questo periodo sta spingendo le scelte dei consumi verso una sorta di “stordimento collettivo” - sostiene il professore, e continua - “da un punto di vista estetico le scarpe sono oggettivamente brutte, ma grazie alla promozione che è stata fatta, soprattutto sui social, si è creata un’aspettativa talmente alta che tutti avrebbero voluto acquistarle. Ancora una volta, questione d’identità e di appartenenza”, conclude il sociologo.

 

@Mattia Porcu