Che tra gli obblighi delle studentesse giapponese vi sia quello di indossare un intimo bianco, non è una novità: il fine, secondo le istituzioni scolastiche, è quello di evitare un clima iper-sessualizzato tra gli adolescenti.
Ma, evidentemente, si sta esagerando e, come spesso capita, in questi climi di repressione del gusto sessuale, sono le ragazze a risentirne di più.
Risulta, così, alla Saga Prefectural Bar Association – che si è occupata di stilare un rapporto sullo stato delle scuole della ragione giapponese – che in diversi istituti non solo sono vietati i reggiseni colorati ma, addirittura, si controlla il colore tirando la bretella da sotto i vestiti: da notare che questa ispezione è eseguita dagli insegnanti su studentesse che vanno dai 12 ai 15 anni.
Ogni Paese ha le proprie tradizioni scolastiche e le uniformi non sono un problema, né tantomeno sono insolite in Cina o in Corea del Sud, ma “obbligare una persona a mostrare il proprio intimi è un crimine che viola i diritti umani”, così si è espressa l'associazione che, fermamente, condanna questa pratica.
In Giappone, però, il reggiseno bianco non è l'unica limitazione: tra le regole del “dress code” che gli studenti devono rispettare spesso sono proibiti i capelli colorati, i tagli alla moicana e l'utilizzo di social network durante l'orario scolastico per motivi legati alla privacy; nonostante, però, alcuni istituti rendano obbligatorio indossare una targhetta col proprio nome, rendendo di fatto identificabile gli studenti nel tragitto casa-scuola.
@Mattia Porcu