News

9 Novembre 2020

La Delegazione regionale Caritas pubblica on line il Report 2020 su povertà ed esclusione sociale

La Delegazione regionale Caritas pubblica on line il Report 2020 su povertà ed esclusione sociale e il Rapporto annuale 2019-2020

IL CONTESTO ECCLESIALE. La presentazione del Report su povertà ed esclusione sociale in Sardegna della Delegazione regionale Caritas avviene in vista della quarta Giornata mondiale dei Poveri istituita da Papa Francesco, che, per l’occasione, ci invita nel suo messaggio a riflettere sul tema “Tendi la tua mano al povero” (cfr. Sir 7,32). Sullo sfondo riecheggia l’Enciclica Fratelli Tutti in cui lo stesso Papa, facendo riferimento alla pandemia ancora in corso, auspica che «un così grande dolore non sia inutile, che facciamo un salto verso un nuovo modo di vivere e scopriamo una volta per tutte che abbiamo bisogno e siamo debitori gli uni degli altri, affinché l’umanità rinasca con tutti i volti, tutte le mani e tutte le voci, al di là delle frontiere che abbiamo creato». IL CONTESTO SOCIO-ECONOMICO. A livello nazionale, dopo 4 anni ininterrotti di crescita, la povertà assoluta si è ridotta in modo significativo: infatti, il numero delle famiglie che versano in questa situazione è passato da 1.822.000 del 2018 a 1.674.000 del 2019 (pari al 6,4% delle famiglie residenti). Secondo l’ISTAT, tale diminuzione è dovuta al significativo miglioramento dei livelli di spesa delle famiglie meno abbienti nel corso del 2019, in concomitanza con l’introduzione delle due misure di sostegno economico a livello nazionale, ovvero il “Reddito di cittadinanza” e la “Pensione di cittadinanza”. A livello nazionale, per il secondo anno consecutivo, si è registrata anche una leggera diminuzione della povertà relativa che ha coinvolto 2.971.000 famiglie, pari all’11,4% delle famiglie residenti nel Paese. Un calo rilevante lo ha registrato proprio la Sardegna, dove nel 2019 la povertà relativa è calata di 6,5 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Nell’Isola, nel 2019, si trovavano in condizioni di povertà relativa circa 94.000 famiglie (rispetto alle 141.000 del 2018): come a livello nazionale, tale decremento potrebbe essere spiegato con la fruizione delle due misure di sostegno economico, di cui godono, nel complesso, oltre 50mila nuclei di beneficiari (pari a oltre 100.000 persone coinvolte), con un importo medio erogato pari a 526,87 euro riguardo al Reddito di cittadinanza e a euro 250,10 riguardo alla Pensione di cittadinanza. Tale miglioramento, tuttavia, si giustifica più sul piano della disponibilità dei redditi associati ai consumi delle famiglie piuttosto che della base produttiva nel suo complesso. Peraltro, questo scenario si è modificato bruscamente a causa della pandemia da COVID-19: nel primo semestre del 2020, infatti, si è registrata una diminuzione del PIL del 12,0% a livello nazionale; a livello regionale, gli effetti del confinamento dovuti all’emergenza sanitaria hanno messo fortemente in discussione i segnali di riequilibrio dell’economia, facendo emergere, tra le categorie più esposte agli effetti economici dell’emergenza, i giovani e i lavoratori precari. Ad aggravare la situazione è uno scenario demografico molto compromesso, con un declino, dal 2013 in poi, della popolazione sarda residente legato al saldo naturale; fenomeno aggravato ulteriormente dall’emergenza sanitaria, che ha amplificato instabilità e incertezza verso il futuro. CHI SI RIVOLGE ALLA CARITAS. Parallelamente alla diminuzione della povertà relativa si è registrata anche una netta diminuzione del numero delle persone aiutate dai Centri d’ascolto delle dieci Caritas sarde: 6.876 nel 2019 rispetto alle 7.903 dell’anno precedente, con un calo del 13,0%. Anche in questo caso il decremento potrebbe essere correlato alla fruizione - anche da parte di una quota significativa dei beneficiari dei servizi Caritas - delle due già citate misure di sostegno economico. Prevalgono le persone che transitano nei Centri d’ascolto della diocesi di Cagliari (40,3%); sulla linea degli ultimi anni, nel 2019 si conferma un riequilibrio tra i generi: non più una preponderanza femminile, ma una leggera quota prevalente di uomini (51,8%). Si tratta di persone per lo più italiane (nel 69,7% dei casi), relativamente giovani, che vivono in famiglia e con un’età media di 47,6 anni; si registra una preponderanza di persone non coniugate, correlata al fenomeno crescente delle coppie di fatto, spesso con figli. Le donne sono più esposte a situazioni di vulnerabilità quando sono sposate/separate/vedove o divorziate, a conferma del fatto che esse sono spesso portatrici di un disagio che è anche familiare. Chi resiste meglio alla crisi sono coloro che risultano dotati di adeguati strumenti culturali: dal 2008 al 2019 lo “zoccolo duro” rimane quello di chi ha un titolo di studio basso (30%); cresce il numero di persone con titolo di studio medio-basso, cioè licenza media inferiore (50,7%), mentre diminuiscono coloro che hanno un titolo di studio alto o medio-alto. Si rivolgono alle Caritas per lo più disoccupati (63,6%), risultando comunque significativo sia il dato dei cosiddetti “working poor”, ovvero coloro che hanno un reddito da lavoro (11,2%), sia quello dei pensionati (8,0%). I BISOGNI - I bisogni prevalenti registrati dagli operatori dei Centri di ascolto sono quelli correlati ai problemi economici (31,7%) e di occupazione/lavoro (22,1%); al terzo posto, i problemi familiari (11,3%), correlati per lo più a difficoltà derivanti da divorzi, separazioni o più in generale da una conflittualità all’interno del nucleo familiare. Inoltre, nell’ultimo decennio sono cresciuti in modo significativo i problemi correlati all’istruzione, all’immigrazione, alle problematiche abitative e familiari. LE RICHIESTE – Fra le richieste rivolte esplicitamente dalle persone, prevalgono nettamente quelle riguardanti i beni e servizi materiali (80,5%): viveri, servizio alla mensa, accesso agli Empori della solidarietà, vestiario, prodotti per neonati, etc.; seguono i sussidi economici (10,2%) e le richieste di tipo sanitario (4,1%). GLI INTERVENTI – Fra gli interventi messi in campo (direttamente o indirettamente) dalla rete Caritas: al primo posto si segnalano i beni e servizi materiali (86,0%) e, a seguire, gli interventi di tipo sanitario (4,9%) e i sussidi economici (4,8%). Gli interventi di tipo sanitario si traducono quasi esclusivamente nell’acquisto di farmaci e nel pagamento di visite specialistiche e trattamenti terapeutici. Per quanto concerne i sussidi economici si tratta per lo più di erogazioni monetarie volte a sostenere il pagamento: di bollette e tasse inevase (il 40,3% dei sussidi erogati), di affitti arretrati o di spese comunque connesse all’abitazione, delle spese di trasporto, di pratiche burocratiche e delle spese scolastiche. CARITÀ E DIRITTO ALLA SALUTE - Un focus particolare all’interno del Report 2020 su povertà ed esclusione sociale è stato dedicato alla cosiddetta “povertà di salute”, tema affrontato anche nell’ambito del Rapporto annuale 2019-2020 della Caritas Sardegna (in cui vengono descritte le attività, i progetti e le esperienze formative promosse dalle Caritas sarde). Delle 6.876 persone transitate nel 2019 nei Centri di ascolto delle Caritas sarde 890 (12,0%) hanno manifestato bisogni direttamente riconducibili alla sfera sanitaria; quelli prevalenti riguardano in modo ampio la sfera delle fragilità psichiche e della salute mentale. Se oltre alla voce “depressione” si contemplano anche le voci “malattie mentali”, “disturbi alimentari” e “demenza”, la somma di tali bisogni copre oltre i due quinti del totale dei bisogni sanitari (43,4%). Le richieste più frequenti riguardano prevalentemente i farmaci ed aiuti per effettuare visite mediche, analisi ed esami clinici, nonché per interventi chirurgici. Le progettualità messe in campo dalla Caritas per fronteggiare le problematiche di salute hanno sempre previsto, oltre all’ascolto e all’orientamento, anche una presa in carico con un preciso stile di accompagnamento e prossimità, unitamente all’osservazione critica di particolari lacune nel sistema della salute pubblica, mettendo così in luce le mancanze e le non poche strozzature che impediscono il pieno rispetto dei diritti di salute e che risultano, pertanto, lesive della dignità umana. Risulta particolarmente importante soffermarsi su questi aspetti, anche al fine di far emergere quell’insidioso sfaldamento delle tutele che emerge in filigrana dall’incontro con i poveri da parte dei servizi caritativi; aspetti problematici, certamente complessi, di non facile soluzione e che mettono in discussione il diritto alla salute pubblica, oggi più che mai alle prese con nuove sfide di straordinaria portata, come quelle imposteci dalla pandemia da COVID-19. I presidi ospedalieri che spariscono, gli organici ridotti ai minimi termini e in costante condizione di stress, il numero insufficiente di terapie intensive, le attese infinite per le visite specialistiche, i costi proibitivi di farmaci ed esami diagnostici: tutto ciò rischia di cancellare progressivamente molte garanzie acquisite nel corso di decenni di politiche concernenti la salute pubblica, mettendo in discussione dalle fondamenta il dettato costituzionale, laddove, all’art. 32, obbliga la Repubblica a tutelare «la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività [garantendo] cure gratuite agli indigenti». COSA INDUCONO A FARE I DATI CARITAS – La Delegazione regionale Caritas della Sardegna ribadisce la necessità di proseguire senza sosta il cammino intrapreso nell’ambito delle misure di contrasto della povertà, con un approccio che non si riduca al mero assistenzialismo, così come il legislatore regionale ha inteso fare con il Reddito di Inclusione Sociale (REIS). Un cammino che, si spera, oltre a valorizzare il buono che è emerso fino ad oggi, sappia migliorare ancora di più l’infrastrutturazione sociale, coinvolgendo e potenziando maggiormente la rete dei servizi territoriali, collocando nella giusta dimensione l’apporto atteso dal mondo del volontariato e del privato sociale. La povertà, in quanto realtà multidimensionale, vede coinvolti diversi ambiti della sfera umana (psicologico, relazionale, educativo, ecc.) e pertanto deve vedere coinvolti diversi soggetti con diversi livelli di partecipazione e responsabilità. Si tratta, in altri termini, di adoperarsi per garantire migliori condizioni di inclusione sociale, in una logica complessiva ed articolata di politiche di contrasto della povertà che veda protagonisti tutti gli attori impegnati sul tema, non solo quelli istituzionali. Tutto ciò a fronte di uno scenario in cui continuano a crescere le disuguaglianze, la concentrazione del reddito è nelle mani di pochi e la mobilità sociale (e generazionale) appare ferma da diverso tempo. Al di là delle misure di contrasto della povertà, dunque, sullo sfondo rimane sempre aperta la questione decisiva riguardante la giustizia sociale; una questione che attiene la responsabilità delle decisioni assunte tanto a livello collettivo quanto a livello personale e che dipende anche da specifiche scelte nell’ambito della sfera politica.