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6 Giugno 2020

30mila imprese sarde vendono beni e servizi anche on line e a domicilio

30mila imprese sarde vendono beni e servizi anche on line e a domicilio

Oltre 30mila realtà sarde vendono beni  e servizi anche on line e a domicilio: dal lockdown ad ora, la  crescita è stata del 19,8%. E il 63% degli internauti sardi acquista  on line. Matzutzi (Presidente Confartigianato Sardegna): “Con il
commercio elettronico si intercettano nuove fette di mercato, si  promuove l'artigianato e si fidelizzano i consumatori”. 


In Sardegna ci sono circa 30mila micro e piccole imprese (con meno di  10 dipendenti) pari al 29,7% del totale (circa 100mila), che si  servono di almeno un canale alternativo di vendita rispetto alla  vendita tradizionale “in presenza”, sino a pochi giorni fa impedita e  in futuro fortemente limitata a causa della pandemia. I canali  alternativi includono le vendite a domicilio e l’e-commerce (oltre a
modalità come le vendite televisive, l’utilizzo di intermediari,  ecc.). 

Sono questi i dati dell’analisi dell’Ufficio Studi di Confartigianato  Sardegna, sull’ “Intensificazione del canale digitale nella crisi  Covid-19”.

“Già prima dell'emergenza vendere online era un passo e un  investimento consigliato – afferma Antonio Matzutzi, Presidente di  Confartigianato Imprese Sardegna - ora è ormai certo che, il post  Covid19, porterà con sé un cambio delle nostre abitudini di consumo.
Con il commercio elettronico si vanno a intercettare nuove fette di  mercato, si promuove l'artigianato e si fidelizzano i consumatori  offrendo nuove esperienze”.

La crisi Covid-19 ha intensificato l’utilizzo di nuovi canali,  accelerando in modo forse non sorprendente, ma certamente molto  significativo, il trend di crescita altrimenti stabili ma molto lenti:  sono salite di circa il 19,8% le imprese che fanno e-commerce,  raddoppiando il tasso di crescita di trend e quasi 4 imprese su 10
fanno consegne a domicilio (che includono le imprese che utilizzano  piattaforme di delivery online based, dunque riconducibili ancora una  volta all’e-commerce, nonché la vendita attraverso i sistemi di  messaggistica e i social).

Interessanti anche i dati sugli utilizzatori: il 63,8% degli  internauti sardi, nell’ultimo anno ha fatto acquisti on line,  percentuale che pone la Sardegna al secondo posto in Italia dopo i  Valdostani con il 66% e al pari dei Trentini.

Secondo i dati stimati dall’Ufficio Studi della Confartigianato  Imprese Sardegna, con la riapertura di tutte le attività, il trend di  crescita delle soluzioni e-commerce è destinato a crescere  ulteriormente. La reattività alla situazione di emergenza, infatti,  porterà alla fine del prossimo anno, ulteriori 5mila MPI sarde ad
utilizzare il commercio elettronico. A questo numero, assai  significativo di per sé e come segnale di un trend di digitalizzazione  massiva, si aggiungono le soluzioni per la gestione digitale dei  servizi obbligata dalle restrizioni del distanziamento sociale.

Si pensa qui innanzitutto alle soluzioni di gestione digitale dell’agenda delle prenotazioni per ristoranti, parrucchieri e centri  estetici, obbligati nella Fase 2 a contingentare al massimo le  presenze di clienti.

L'emergenza, in definitiva, ha messo in luce come l'e-commerce possa  essere un'importante soluzione alle oggettive difficoltà di molti  imprenditori, anche del settore del “business to business”, come per  esempio la produzione di macchinari e all'abbigliamento conto terzi,  dal momento che possono trovare, grazie ad alcuni marketplace  verticali, delle valide alternative alle fiere.

“Non è mai troppo tardi per attivarsi e sfruttare questa opportunità  di business – continua Matzutzi - che è davvero a misura di qualsiasi  azienda e si rivolge anche ai mercati europei e mondiali. A patto di  affidarsi a persone preparate”. “L’impennata nell’utilizzo dei servizi  digitali - conclude il Presidente – però ha messo a dura prova le  infrastrutture di connessione digitale e sollevato ancora una volta il  tema del digital divide: la quota di imprese italiane che utilizzano
banda ultralarga è di oltre dodici punti percentuali inferiore al  49,9% della media dell’Unione europea”.