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12 Maggio 2020

Silvia Romano ora si chiama Aisha intanto chiuso il profilo facebook continuano le minacce

Il primo mese di prigionia Silvia lo ha passato a piangere

"Durante la prigionia sono stata trattata bene, non sono mai stata minacciata di morte, sto bene fisicamente e mentalmente" Cosi' Silvia Romano la cooperante liberta dopo 18 mesi di prigionia ha parlato ai giornalisti.  

Si chiama Aisha ora. 

Il nome è un omaggio ad Aisha bint Abi Bakr, figlia di Abu Bakr, primo califfo dell’islam. Ma Aisha è stata anche la più importante delle spose di Maometto. Secondo quanto riportato dal testo islamico, Maometto sposò Aisha per superare il lutto della amata moglie Khadija nel 619.

Aisha quando venne promessa in sposa a Maometto aveva solo sei anni e a quanto pare era la figlia di uno dei migliori amici del profeta. A far scattare il matrimonio sarebbe stata la visione dell’Arcangelo Gabriele che avrebbe dato l’ordine a Mamometto di sposare Aisha. Il matrimonio tra il profeta e Aisha sarebbe stato consumato quando la sposa aveva nove-dieci anni. Mamometto al momento delle nozze aveva 50 anni.

Silvia, aveva con se un diario che scriveva nei giorni della prigionia che però non le è stato riconsegnato dai suoi carcerieri  . "Mi hanno detto che non mi avrebbero fatto del male, che mi avrebbero trattata bene. Ho chiesto di avere un quaderno, sapevo che mi avrebbe aiutata", racconta la giovane secondo la ricostruzione del Corriere della Sera

Nei giorni di prigionia Silvia Romano, ha chiesto anche di avere il Corano così ha iniziato a leggerlo, ha imparato l' arabo e si è convertita alla religione islamica. 

Tantissimi gli attacchi sui social verso Silvia Romano, tanto da averle procurato la vigilanza degli organi di Polizia sotto casa e la chiusura dei profili social. Oltre ai tanti commenti violenti verso la ragazza fatti dai soliti leoni da tastiera ne arriva uno ancora più grave da parte del consigliere di Treviso  Nico Basso che scrive "impiccatela" sotto una foto della cooperante per poi rimuovere. 

In una puntata andata in onda ieri sera su Rete4 "Quarta Repubblica" condotta da Nicola Porro, si è parlato anche dell' abito indossato da Silvia Romano

Souad Sbai  marocchina di nascita da sempre impegnata contro l'Islam radicale e la violenza sulle donne, parla del disagio vedendo la veste: "Sto male perché penso che quel estito massacra le donne, quel velo ha il significato che siamo sotto ricatto di qualcuno. Io sono stata la prima a manifestare per Silvia, se però è stata radicalizzata non c'è ritorno".  

Anche Maryan Ismail, antropologa della comunità somala di Milano, scrive sul Facebook una lettera “La sua non è una scelta di libertà, non può esserlo stato in quella situazione. Scegliere una fede è un percorso intimo e bello, con una sua sacralità intangibile, che nulla ha a che vedere con la situazione drammatica e dolorosa in cui questa ragazza si è trovata“

 

LETTERA A SILVIA ROMANO. Ho scelto il silenzio per 24 ore prima di scrivere questo post. Quando si parla del...

Posted by Maryan Ismail on Monday, May 11, 2020